“Quale
era il Dio con il quale Volterra era in comunione?
Era il Dio di Spinoza e di Einstein. Non un Dio che
punisce e premia, ma che si rivela nelle molteplici
straordinarie facoltà della mente umana, da
quelle che si esprimono in una cantata di Bach a quelle
che erano state elargite in così alta misura
a Vito: la capacità di penetrare i misteri
dell’Universo, la tolleranza delle altrui debolezze
e la gioia di un’inesauribile vena creativa”.
Con queste parole Rita Levi Montalcini conclude lo
splendido ritratto dedicato a Vito Volterra in Senz’olio
contro vento, traducendo in parole la religiosità
del grande scienziato. Il sentimento di essere membro
di una schiera eletta, in diretta comunicazione con
Dio, non perché si appartiene a una razza o
si aderisce a una religione particolare, ma perché
si è parte dell'universo dei numeri, i soli
attraverso cui comunicare con il mondo divino. Eppure
Vito Volterra fu perseguitato proprio in virtù
della sua religione, della sua “razza”.
Di origine e cultura ebraica, Volterra era un uomo
laico, convinto della funzione progressiva della scienza
nella società. Allevato dallo zio materno fin
dall’età di due anni, a causa della morte
del padre Abramo avvenuta nel 1862, il giovane mostra
da subito grande propensione per gli studi fisico-matematici.
Grazie all’appoggio e agli incitamenti di Antonio
Roiti, suo professore di fisica all’istituto
Tecnico Galilei e poi professore all’Università
di Firenze, Volterra si iscrive alla Facoltà
di scienze matematiche, fisiche e naturali dell’Università
di Pisa nel 1878 e l’anno successivo entra,
come allievo interno, alla scuola Normale. La carriera
accademica è fulminea: vince il concorso e
ottiene la cattedra di meccanica razionale a Pisa
a soli 23 anni. Nel 1893 è chiamato all’Università
di Torino e nel 1900 a quella di Roma dove insegnerà
fisica matematica per 31 anni.
Altrettanto
rapido è il fiorire della sua fama fuori d’Italia:
il lavoro di Volterra diventa molto noto anche all’Estero
dove è chiamato ben presto a far parte di prestigiose
accademie scientifiche straniere di vari paesi: Francia,
Germania, Russia, Svezia, Gran Bretagna, Stati Uniti.
Le sue pubblicazioni (già oltre sessanta tra
il 1887 e il 1908) spaziano dalla meccanica terrestre
alla meccanica razionale, dalla teoria delle equazioni
differenziali all’elettrodinamica e alla teoria
dell’elasticità. Ma fin dai suoi primi
lavori e fino alla fine dei suoi giorni Volterra è
affascinato dalla possibilità di applicare
la matematica alle altre scienze, in particolare quelle
biologiche e sociali.
Nel 1905 è nominato senatore del regno. Alla
vigilia del primo conflitto mondiale non si limita
a perorare l’intervento bellico ma vi partecipa
in prima persona: volontario all’età
di 55 anni chiede ed ottiene di poter essere arruolato
e avvia progetti legati alle rilevazioni fototelemetriche
e al calcolo balistico per pezzi di artiglieria imbarcati
sui dirigibili. Compie lui stesso numerose ricognizioni
a bordo di dirigibili per sperimentare le innovazioni
via via ideate. Ma soprattutto sia prima che subito
dopo la guerra, utilizza il suo immenso prestigio
scientifico e i suoi contatti internazionali per creare
anche nel nostro paese istituzioni già esistenti
all’Estero. Nascono così Il Comitato
tecnico scientifico in seno alla Società italiana
per il progresso delle Scienze e l’Ufficio Invenzioni
e Ricerche che pochi anni dopo si trasformerà
nel Consiglio Nazionale delle Ricerche. Ufficialmente
il Cnr viene istituito nel 1924 e Volterra, già
e presidente dell'Accademia Nazionale dei Lincei (1923-26)
e del Comitato internazionale dei pesi e delle misure,
è eletto presidente.
Anche se vi era stata negli anni immediatamente precedenti
una forte polemica con Benedetto Croce, nel 1925 è
tra i firmatari del Manifesto Croce, e aderisce all‘Unione
nazionale delle forze liberali e democratiche promossa
da Giovanni Amendola; da quel momento si schiererà
sempre con il gruppo dei senatori che sostengono l’opposizione.
Nel 1926 iniziano le pressioni perché si dimetta
da Presidente dell’Accademia dei Lincei, ma
il sostegno ricevuto da parte dei soci lo spinge a
farlo solo il 5 maggio dello stesso anno “giunto
a termine il triennio della sua presidenza”.
E da quel momento il regime preferisce agire con più
cautela. La sua emarginazione a causa delle sue posizioni
politiche si consuma lentamente: per il Cnr si attende
la scadenza come presidente e immediatamente si procede
a una radicale riforma che sottrae l’Istituto
all’Accademia dei Lincei e lo lega con la presidenza
di Marconi all’Accademia d’Italia .
Si possono leggere i primi problemi di Volterra con
la giustizia in una nota del 1928 della questura di
Roma indirizzata al Ministero dell’Interno.
In merito alla concessione del passaporto per recarsi
all’estero si scrive: “Medesimo, come
è noto, è un oppositore liberale e,
per ultimo, ha votato contro la legge sul gran Consiglio
fascista. Quest’Ufficio, tuttavia, non avrebbe
motivi specifici per negargli la chiesta concessione”.
Nel 1931 è tra i dodici professori universitari
che rifiutano di giurare fedeltà al regime.
Tra questi solo altri tre sono ebrei: Giorgio Errera,
Fabio Luzzatto, Giorgio Levi Della Vida. La lettera
di richiesta di giuramento è firmata da Pietro
de Francisci, quale rettore della Regia Università
di Roma. La risposta è misurata e dignitosa:
“Illustrissimo Signor Rettore, sono note le
mie idee politiche per quanto esse risultino esclusivamente
dalla mia condotta nell'ambito parlamentare, la quale
è tuttavia insindacabile in forza dell'Art.
51 dello Statuto fondamentale del Regno. La S. V.
comprenderà quindi come io non possa in coscienza
aderire all'invito da Lei rivoltomi con lettera relativa
al giuramento del professori”.
Dal primo gennaio del 1932 viene dispensato dal servizio.
Nel 1934 l’estensione della richiesta di giuramento
ai membri delle Accademie comporta l’espulsione
dai Lincei, che negli anni seguenti respingerà
al mittente la posta diretta a Volterra con la dicitura
“destinatario sconosciuto”.
Nel 1936, grazie a padre Gemelli è nominato
membro della Pontificia Accademia delle Scienze “come
riconoscimento dei di Lei alti servigi resi alla scienza
che Ella coltiva”.
Dopo la promulgazione delle leggi razziali del ‘38,
prosegue la cacciata dalle istituzioni scientifiche.
Così gli scrive il Regio Istuto Lombardo di
Scienze e Lettere nel dicembre dello stesso anno:
”…a datare dal 16 ottobre u.s. avete cessato
di far parte, quale Socio Corrispondente di questo
Reale Istituto, in quanto Voi appartenete a razza
non ariana”.
Malgrado il progressivo isolamento in patria Volterra
proseguirà l’attività scientifica
per tutta la vita, restando in contatto con i colleghi
stranieri.
La morte, avvenuta l’11 ottobre 1940, completamente
ignorata dalla stampa italiana, viene così
segnalata in un fonogramma proveniente dalla Questura
di Roma e diretto al Ministero degli Interni “Stamane
alle ore 4,30 nella sua abitazione in Via in Lucina
n. 17 è deceduto il Senatore Volterra Vito
fu Abramo di razza ebraica”.
Nelle memorie redatte dalla nuora al termine della
guerra e delle persecuzioni si legge invece: “Mi
rivedo nell’ottobre del ’40 in un cimitero
di campagna, dove abbiamo accompagnato mio suocero,
che ci ha lasciato per sempre nel periodo più
tragico, quando nemmeno uno spiraglio di luce poteva
far pensare che fosse possibile il ritorno alla libertà.
Egli non è vissuto tanto da assistere almeno
al crollo delle dittature! Egli, che alla libertà
ha tutto sacrificato, dalla carriera universitaria
alla partecipazione alla vita politica, piuttosto
che giurar fedeltà a un regime che egli avversava
e deprecava con tutte le sue forze, ci ha lasciato
senza aver rivisto il momento che ha tanto agognato
in tutti questi anni ! …. Quando giungerà
il momento del ritorno alla libertà, non potremo
goderlo pienamente, giacché egli che più
di tutti lo avrebbe meritato e più avrebbe
desiderato assistervi, non sarà con noi a godere
la gioia di quell’istante”.
Link:
Dalla rivista online ReS
un dossier dedicato alla vita, alla ricerca e alla
personalità di Vito Volterra.
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