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Il ricordo dei giornali italiani
(a cura di Mauro Buonocore e Alessandro Lanni)


10 gennaio 2004. Sulle prime pagine dei quotidiani italiani campeggia il volto di Norberto Bobbio, e tra gli articoli sono tante, oltre agli omaggi delle autoritö e delle istituzioni, le firme prestigiose di coloro che, filosofi, giornalisti, giuristi, docenti universitari, amici e allievi, tracciano un ritratto della richissima personalitö, umana e professionale, del filosofo torinese in occasione della sua scomparsa.

la Repubblica
"Con Norberto Bobbio muore un filosofo e scompare un senatore a vita, ma soprattutto si arresta un pensiero politico che ha lavorato per pið di cinquant'anni nella passione per la democrazia, nella costruzione di una moderna teoria dello Stato, nella ricerca di una sinistra finalmente risolta, autonoma dai suoi demoni, libera dalla schiavitð ideologica del Novecento". CosÒ Ezio Mauro inizia il suo personale ricordo di Bobbio dal titolo "La coscienza critica di un paese estraneo". Un magistero, quello dell'intellettuale torinese, esercitato senza cattedra dalla sua casa dove una parte della sinistra italiana andava a chiedere consiglio nei momenti di crisi. "Il filosofo rispondeva dando un nome alle cose, rifiutando ogni certezza consolatoria, con un atteggiamento politico che definirei, sempre, di pessimismo combattivo (ƒ) Non aveva ricette, se non l'impegno per salvare insieme le ragioni della democrazia e le ragioni della sinistra. Senza assoluzioni, senza illusioni". Bobbio dopo Galante Garrone, gli azionisti se ne vanno, scrive Mauro, e con loro se ne va un'idea della politica, un modo di parteciparvi appartato, "senza potere". Ci lasciano e partono da Torino, la cittö della Fiat ("luogo non solo della produzione, ma di elaborazione di una cultura del lavoro"), dell'editore Einaudi ("occasione di sperimentazione continua") e de La Stampa ("giornale della Fiat ma anche della cittö, con un'identitö torinese talmente marcata da richiamare l'uno dopo l'altro gli intellettuali dell'azioinismo").
Da Torino Bobbio ² stato maestro ed erede della cultura azionista, e qui ha raccolto le accuse che gli venivano da due sponde: "considerato due volte colpevole perch³ troppo severo a destra, nel suo antifascismo, e troppo debole a sinistra, nei rapporti col comunismo." Tanti gli attacchi ricevuti soprattutto negli ultimi anni, con il pretesto della lettera rivolta al Duce, con l'accusa di marcare troppo la mano sull'antifascismo e di non avere parole contro i totalitarismi di sinistra. E cosÒ la lezione di Bobbio ² rimasta inascoltata, estranea: "per i revisionisti che anticipavano l'onda d'urto della destra, contava solo il magistero di Bobbio da contrastare ad ogni costo, il suo tentativo di coniugare il metodo e i valori liberali con la sinistra italiana, quasi un sacrilegio.CosÒ negli ultimi quindici anni il professore ha assistito stupefatto al dispiegarsi di una magnifica ossessione ideologica contro il suo pensiero, la sua biografia, la sua persona". In Italia ha vinto la politica che ha rifiutato la tradizione azionista, che anzi la attacca per abbatterla. "E' chiaro", continua Mauro, "che per Bobbio (l'Italia) era un Paese estraneo" e sui molti dubbi che rimangono alla nostra vita civile e politica, Bobbio non pu÷ pið dare risposte. Gli azionisti se ne vanno, "con Bobbioo la conta sta finendo. E ancora una volta vince una politica che 'se trova un Paese gobbo' gli confeziona 'un abito da gobbo'. Altro che la 'democrazia di alto stile' di cui parlava il professore: inascoltato ".

Repubblica ricorda ancora Bobbio con Nello Ajello (p. 12 "Una vita per la democrazia nel secolo delle dittature", un ritratto del filosofo torinese lungo le tappe della vita), Simonetta Fiori che a p.14 ripercorre gli episodi emblematici che hanno disegnato la traiettoria politica all'interno della sinistra. "Pessimista laico" sono le parole con cui Massimo Lucini racconta il pensiero di Bobbio, il dubbio metodico come presupposto di ricerca nella filosofia, nel diritto, nella politica e nella storia; da Giancarlo Bosetti, poi, una ricostruzione della velenosa polemica sulla lettera inviata a Mussolini con la richiesta di cancellare un'ammonizioni e lo stile con cui Bobbio, nemico di ogni fanatismo, sapeva affermare la sua convinzione nel dialogo: "si dialoga perch³ dialogando si pu÷ capire qualcosa che nel conflitto non si capisce pið".

Corriere della Sera
"Norberto Bobbio, ovvero il significato di essere laico". CosÒ esordisce Claudio Magris dalla prima pagina del giornale di via Solferino. Laico in senso non ideologico ma ragionato, come un intellettuale che sa capire e spiegare che laico non ² "l'opposto di credente o religioso", ma ² "la capacitö di distinguere le sfere delle diverse competenze, ci÷ che spetta alla Chiesa da ci÷ che spetta allo Stato". Bobbio ci lascia, continua Magris, in un momento in cui forse pið che mai l'Italia avrebbe bisogno della sua chiarezza. "La sua luciditö concettuale, scolpita nel profilo grifagno, si nutriva di un cuore sensibile e generoso, tanto capace di affetto, di amicizia e di ironia".
Tra i tanti articoli che il Corrire dedica a Bobbio, tra Aldo Cazzullo che lo ritrae torinese da sempre, quasi parte della sua cittö, tra l'allievo Michele Salvati che racconta di come Bobbio lo abbia guidato tra le difficoltö della filosofia, tra Donzelli che racconta la genesi di quell'inaspettato successo editoriale che ² stato Destra e sinistra (320 mila copie vendute, tradotto in 23 Paesi), segnaliamo l'articolo di Paolo Franchi che a pagina 3 disegna la traiettoria politica di Bobbio all'interno della sinistra: "Interlocutore scomodo e coscienza critica". Da qui la personalitö politica di Bobbio che guardava al Pci come ad una alleanza tattica ("N³ con loro n³ contro di loro"), lo scontro con Craxi e "le tentazioni della democrazia degli applausi", la bruciante prontezza di spirito con cui rivolgendosi a un dirigente comunista che parlava del sol dell'avvenire Bobbio replic÷: "attenzione, forse ² il bagliore di un incendio".

La Stampa
Tutta Torino parla di Bobbio. Sono 13 le pagine che il quotidiano del capoluogo piemontese, il giornale di cui Bobbio ² stato dal 1976 collaboratore ed editorialista, dedica alla sua morte e al suo ricordo. Tutte le firme di Torino raccontano un angolo dal quale guardarne la figura e la storia. Lo fa Marcello Sorgi che dalla prima pagina rammenta i giorni in cui il senatore a vita fu candidato alla successione di Cossiga al Quirinale; lo fa Alberto Papuzzi (p.3) che ripercorre le tappe della biografia, fino alla malinconia che ha segnato la vecchiaia, "intesa la malinconia come la consapevolezza del non raggiunto e del non pið raggiungibile", usando le parole dello stesso Bobbio. Una vita che lo ha visto professore, principalmente professore, lungo una carriera iniziata nel '35 a Camerino e conclusa a Torino, un percorso che lo ha portato a misurarsi con la "difficoltö estrema del mestiere di insegnante", ricorda l'allievo Marco Revelli (p.6). Difficoltö "nel saper trovare ogni volta, ad ogni cambio di generazione, ad ogni svolta della storia, la chiave giusta per comunicare (ƒ), per esprimere la funzione civile dell'insegnamento" e cio² "la capacitö di innalzare i problemi di natura politica (e pið ampiamente sociale) a questioni filosofiche, in ultima analisi a questioni di coscienza". E' stato un maestro, Bobbio, perch³ con l'arte della chiarezza, della trasparenza e dell'intellegibilitö, ² stato capace di "comunicare agli allievi un metodo e metterli in grado di operare criticamente e in autonomia (ƒ). A un linguaggio oscuro - ripeteva - non pu÷ che corrispondere un pensiero confuso". Non solo dalla cattedra ² stato maestro Bobbio, ma anche dai libri pubblicati. Un maestro che ha lasciato il segno nei tempi e nella cultura, scrive Maurizio Viroli (p.8), un filosofo che "ha studiato per tutta la vita i grandi pensatori ma ha saputo costruire una sua concezione della democrazia e ha saputo interpretare in modo originale le grandi ideologie e i classici del pensiero politico", fino alla formulazione di un pensiero che ha lasciato l'impronta nel cuore di autori come John Rawls.
Del Bobbio filosofo parla Gianni Vattimo (p. 7), ricordando i due grandi pilastri degli studi politici: Hobbes e il suo realismo in cui Bobbio "trova l'idea del carattere sempre artificiale, ma dunque liberamente fondato dello Stato", e il positivismo giuridico di Kelsen. Il ritratto torinese di Bobbio si chiude tra le analisi del giurista Zagrebelsky, gli onori resi dalle autoritö e le parole intime di Maurizio Assalto che (p.5) mette in evidenza una forse insospettata passione per la risata e per Achille Campanile: "L'umorista del nonsense, leggero e surreale, e il filosofo pensoso, corrucciato, pessimista, la maggiore autoritö morale e intellettuale nell'Italia del dopoguerra. Eppure anche questo era Bobbio, e molto ancora".

Il Giornale
Marcello Veneziani nel suo articolo sul Giornale usa un noto artificio retorico: scrivere che non ² giusto scrivere e intanto scrivere. Non si addice la polemica ai necrologi, esordisce il consigliere Rai. E poi parte: non sarebbe onesto inchiodare Bobbio a "qualche risvolto ombroso della sua biografia", condannarlo per "un suo libro infelice", "per una sua adesione politica nefasta", "per un giudizio indegno". Poteva mancare la vicenda della lettera a Mussolini? Certo che no, si tratta di una "pagina avvilente" della biografia bobbiana. Per non farsi mancare niente, Veneziani mette insieme anche: l'apologia di Hiroshima, la "clemenza cordiale per il comunismo" e una certa intolleranza durante il suo pontificato laico e antifascista nella cultura italiana. Il vestito ² cucito. Detto questo, si riconosce a Bobbio lo statuto di "studioso di filosofia del diritto di prim'ordine" di essere un autore chiaro ("a volte ai limiti della banalitö"). Per Veneziani, il senatore a vita ² stato un uomo coerente con le sue idee ("una coerenza non difficile" sottolinea, perch³ "gratificata dal Pci di Berlinguer alla Fiat di Agnelli, passando per molti inquilini del Quirinale").
Il resto dell'articolo ² un ricordo degli scontri e delle recenti convergenze e si conclude con un attacco alla vulgata bobbiana acida, militante e giacobina degli allievi del filosofo torinese.

Il Foglio
"Il meglio lo offrÒ a noi del Foglio, nella forma di un tormento della vecchiaia, di una splendente umanitö e di un'esplosione di sinceritö". Il giornale di Giuliano Ferrara nel giorno della morte di Norberto Bobbio rievoca l'intervista nella quale il filosofo chiariva le ragioni della sua compromissione col regime. Ž lo stesso autore del servizio, Pietrangelo Buttafuoco, a raccontare come and÷ quell'11 novembre 1999 in casa Bobbio.

l'Unitö
. Parla Vittorio Foa amico fraterno di Bobbio fin dal luglio del 1931 quando entrambi presero la laurea in legge a Torino. I ricordi di una stagione indimenticabile nell'Italia fascista s'intrecciano alle riflessioni sul filosofo scomparso. Anche lui torna sulla famosa lettera al Duce. "L'ho conosciuto sempre come un uomo dalle idee pulite. Col pensiero rivolto al futuro collettivo. Mai idee rivolte alla violenza contro gli altri. In realtö, al di lö di quel che ha detto, Bobbio non ² mai stato fascista" Foa ne ² certo. Qual ² l'ereditö che ci lascia? "Possiamo dire - conclude il vecchio sindacalista - che lascia agli italiani, e non solo agli italiani, la lezione di come si deve vivere insieme".

Il Manifesto
Sul Manifesto, allievi e non, rendono omaggio all'intellettuale scomparso. Giacomo Marramao colloca Bobbio nel quadrunvirato dei principali filosofi della politica del Novecento, accanto a John Rawls, Hannah Arendt e Leo Strauss. Secondo Marramao sono tre gli assi portanti dell'ereditö bobbiana nella riflessione politica e sul diritto: 1) il tema del potere; 2) il rapporto tra etica e politica; 3) il grande tema classico delle varie tipologie di governo.
Danilo Zolo si concentra sui temi della guerra, della pace e del diritto internazionale. Fin dagli anni Sessanta Bobbio si era impegnato a definire il concetto di guerra ed era giunto alla conclusione che un conflitto potenzialmente nucleare era fuori da ogni legittimazione, ingiustificabile moralmente e dal diritto come un terremoto o una tempesta. In quegli anni sviluppa una originale "via della pace" che chiama "pacifismo giuridico". In seguito il filosofo parl÷ anche di "guerra giusta" come nel caso di quella nel Golfo nel '91. Contro Saddam c'era la giustificazione del diritto internazionale rispettato e, come nota Zolo, anche "una notevole attenuazione del pacifismo che egli aveva espresso negli anni '60".
Il filosofo del diritto Luigi Ferrajoli ricorda il filosofo del diritto Bobbio. Nella sterminata ed eterogenea produzione, spiega Ferrajoli, esiste un filo conduttore a tenere insieme il suo pensiero. "Questo filo conduttore ² stato il nesso razionale, teorico e pratico, da lui costantemente istituito, nella sua opera di filosofo del diritto come in quella di filosofo della politica, tra democrazia e diritto, tra diritto e ragine, tra ragione e pace, tra pace e diritti umani".
Toni Negri infine riconosce a Bobbio il merito di essere stato un maestro negli anni Cinquanta e Sessanta ma di essersi perso dopo l'Autunno caldo e il '68.

Il Riformista
Sebastiano Maffettone ricorda Bobbio definendolo liberal-socialista sui generis, filosofo eclettico che seppe mettere insieme lo storicismo di Croce e il pensiero di Kelsen, una personalitö unica: "l'influenza di Bobbio nella seconda metö del secolo ventesimo ² stata eccezionale, paragonabile solo a quella di Benedetto Croce nella prima".

 



 

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