245 - 17.01.04


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Le procedure non scalderanno i cuori, ma rendono liberi
Nicola Matteucci


Il discorso di Bobbio sulla democrazia parte dalla definizione greca su "chi" governa: l'uno, i pochi e i molti. Pur partendo dalla definizione greca, il discorso di Bobbio si muove per÷ nell'ottica della moderna democrazia liberale: infatti la democrazia, come partecipazione dei molti (o potenzialmente di tutti) al processo di elaborazione delle decisioni politiche che interessano tutta la comunitö, ² poi possibile soltanto per mezzo di alcune regole procedurali e di alcune garanzie; questa insistenza sul modus procedendi continua la linea di Joseph Schumpeter, in sintonia con Hans Kelsen e Karl Popper o - ancora - con Giovanni Sartori e Robert Dahl.

Ritorniamo alle regole procedurali e alle garanzie: fra le regole Bobbio ricorda quella della maggioranza (con il diritto della minoranza di poter diventare maggioranza) e il sistema rappresentativo, contro ogni forma di unanimismo e di democrazia plebiscitaria ed acclamatoria. Qui il discorso verte sui veri nodi per il pensiero politico di oggi. Per quanto si riferisce alla regola della maggioranza ² necessaria una rapida puntualizzazione, dato che nel pensiero di Bobbio ² ravvisabile una certa oscillazione o una certa ambiguitö. Il "principio" politico-giuridico della maggioranza si ² sempre basato salvo diverse disposizioni normative sul 51%, e, se vi sono maggioranze pið vaste, questo ² soltanto un "fatto" storico: uno pu÷ auspicare, in sede di azione politica, che la volontö collettiva si formi attraverso un compromesso fra maggioranza e minoranza (o respingerla, perch³ meramente "trasformistica"), ma questo auspicio non pu÷ diventare - come molti della sinistra pretendono - un nuovo principio politico-giuridico o una nuova regola del gioco.

Un approfondimento ² anche necessario per quanto si riferisce al principio della "rappresentanza", perch³ tutti i regimi politici si ritengono rappresentativi: ma di che cosa? C'² la rappresentanza (liberale) degli individui liberamente associati nei partiti, c'² la rappresentanza corporativa o neocorporativa (od organica) degli interessi organizzati, c'² la rappresentanza "metafisica" della nazione, del popolo, della classe operaia, da parte di minoranze che si autoinvestano di questa rappresentanza. La vera rappresentanza, per il Bobbio, ² quella liberale, individualistica: la democrazia inflatti non ² una "comunitö" dove il tutto ² superiore alle parti, ma un'"associazione", dove il tutto ² la somma degli individui. Egli solo vorrebbe giustamente che il Parlamento fosse come l'antica agorö, visibile e trasparente. Il problema vero ², cosÒ, di sapere se la rappresentanza (reale) ² veramente rappresentativa o ci sia un diaframma fra gli individui e la rappresentanza ufficiale.

Le garanzie in realtö - come riconosce lo stesso Bobbio - non sono regole procedurali, ma veri principi etico-politici, con rilevanza giuridica, i quali sono i veri presupposti assiologici di quelle regole procedurali. Perch³, secondo la concezione individualistica della democrazia (di un individualismo che certo non nega la lezione tocquevilliana delle "libere" associazioni), queste garanzie si riferiscono ai diritti civili e politici, eguali per tutti i cittadini, che lo Stato democratico deve tutelare. Le procedure e le garanzie formano le regole e i principi del gioco democratico, concordate da tutti i partecipanti: esse sono neutrali rispetto al fine della decisione, a cui si perverrö, ma buone sul modo di esercitare il potere.

Una volta risolto il problema su "chi" governa, l'attenzione del Bobbio ² costantemente rivolta sul "come" esercitare il potere: ancora un debito verso gli antichi con la classica distinzione fra le forme rette di governo e quelle degenerate, ma anche una ripresa dei temi del costituzionalismo medievale e moderno con la sua insistenza sulla necessitö di "limitare" e di "dividere" il potere.

Pluralismo vero e falso

Accettata la democrazia rappresentativa, il discorso di Bobbio non si ferma sul "chi" (il popolo) e sul "come" (le procedure e le garanzie): descrivendo la democrazia contemporanea, egli insiste, come condizione per la sua realizzazione, sul pluralismo, che ² l'esistenza di "una pluralitö di gruppi politici organizzati che competono fra loro allo scopo di aggregare le domande e trasformarle in deliberazioni collettive". La pluralitö di gruppi o centri di potere risponde ad una duplice funzione: da un lato limitare e al limite eliminare quel centro di potere dominante, che ² lo Stato; dall'altro consentire, in una societö equilibrata, che nessun gruppo diventi dominante od egemone.

Il pluralismo, nella sua versione liberale, non contraddice - secondo la lezione di Alexis de Tocqueville - l'individualismo, ma ² un suo potenziamento, dato che si fonda su associazioni libere e volontarie di individui e non su gruppi organici o naturali. Per questo il pluralismo, che ha il suo sbocco politico nel governo rappresentativo, ² l'opposto della "societö neocorporata", verso la quale Bobbio nutre una profonda diffidenza: infatti le deliberazioni collettive vengono sovente sottratte alla rappresentanza, democraticamente e competitivamente eletta, ed affidata a grandi potentati corporativi, rispetto ai quali gli individui tornano ad essere sudditi, perch³ non hanno una possibilitö di controllo neppure attraverso le elezioni. In sintesi: la societö neocorporata sta restringendo gli spazi della societö pluralistica.

Il loico Bobbio, che ama i concetti chiari e distinti, ha dimostrato di non essere tenero verso molte versioni addomesticate e fuorvianti del pluralismo, che, di fatto, poi negano la distribuzione del potere fra pið centri autonomi (siano poi partiti o associazioni), poteri secondari posti fra i singoli individui e il potere centrale. Questo pseudo-pluralismo opportunistico ² affermato sia in nome di una concezione organica e funzionalistica della societö, sia in nome della concezione leninista e gramsciana del partito politico, che resta il centro egemone di alleanze con altri gruppi, per cui si avrebbe alla fine, in un "blocco storico", un pluralismo sociale ingabbiato in un monismo politico. CosÒ anche la proposta neo-corporativa, come il compromesso storico, sono fuori della logica pluralistica. Bobbio ² contro lo pseudopluralismo, ma vede anche tutti i pericoli di una degenerazione del pluralismo: per lui, al di sopra dell'"anarchia", ² necessario il momento dell'"archia", altrimenti il pluralismo si corrompe in una societö "policratica" (non "poliarchica"), cio² nella tirannia delle forze organizzate intermedie o nella prepotenza del gruppo sull'individuo. Questa distinzione fra una forma retta e una degenerata del pluralismo ² di grande importanza, feconda di ulteriori sviluppi.

Questa concezione della democrazia competitiva fra diversi partiti nell'arena elettorale, che rompe con la teoria classica di Rousseau, ha le sue origini in Joseph Schumpeter ed ² stata continuata da Giovanni Sartori e Robert Dahl poi contestata da Crawford Macpherson e d Peter Bachrach: ad essa Bobbio era giunto attraverso un lungo studio dei teorici della classe politica uno studio condotto quando questo tema era un argomento tabð perch³ antidemocratico. Ma Bobbio, come studioso di cose politiche, ha avuto sempre una mentalitö realistica, e, quindi non ideologica o utopica: l'esistenza della classe politica ² soltanto un fatto: e i fatti possono essere confutati da altri fatti. Il problema per una retta democrazia, nella quale le ³lites sono selezionate dal voto ("si propongono e non si impongono", come scrive, ricordato dal nostro, Filippo Burzio) riposa invece su due punti: da un lato, nella rapida circolazione e ricambio dell'elite dirigente e, dall'altro, nell'esistenza. di limiti all'esercizio del suo potere.

Dicotomie apparenti

Per questa sua mentalitö realistica alcune classiche dicotomie dei teorici della democrazia vengono smorzate, non appena si devono fare i conti con il principio di realtö. Prendiamo l'opposizione tra "democrazia diretta" e "democrazia rappresentativa": in un grade Stato ² possibile solo la democrazia rappresentativa, anche se si pu÷ accompagnare a forme di democrazia diretta, come il referendum, ma il mitodel referendum pu÷ aprire la strada a pericolose scorciatoie plebiscitarie e quindi autoritarie. Insomma la democrazia diretta resta un'alternativa non pið praticabile, perch² non esiste pið il piccolo Stato. Il principio della revocabilitö del deputato, perch² investito di un mandato imperativo , come si usava nell'Antico Regime, oggi come si ² attenuato in modo diverso, ma a giudicare dallla fedeltö al mandato, non sono i "ceti" (e neppure le avanguardie rivoluzionarie), ma il partito, che compila le liste dei deputati.

Parimenti 1'opposizione fra "democrazia politica" e "democrazia sociale" (o nella societö) si dimostra, sul piano dei fatti, sempre pið evanescente, data l'estensione dei principi democratici, cio² di un potere ascendente, dal campo della grande comunitö politica alla societö civile nelle sue varie articolazioni, dove il cittadino ha i "ruoli specifici di fedele di una chiesa, di lavoratore, di studente, di soldato, di consumatore, di malato ecc.", occupando cosÒ spazi un tempo governati da principi autocratici. Con questa osservazione sugli aspetti nuovi della rivoluzione democratica concorda anche Raymond Aron. Per Bobbio - e qui sembra correggere la tesi dell'elitismo democratico - pið si estende il principio del voto nella societö civile, pið questa opposizione ² destinata ad allentarsi.

Per÷ su questa tesi bisogna operare un distinguo e vedere ci÷ che c'² di positivo e ci÷ che c'² di negativo nello slogan degli anni Settanta, quello della necessitö di democratizzare la democrazia, perch³ ci sono luoghi dove si dovrebbe votare (con voto segreto e con rispetto delle minoranze) e luoghi invece in cui non si dovrebbe votare, fatti sempre salvi i diritti civili dei singoli. Dove si dovrebbe votare di pið ² nei partiti e nei sindacati, in base a ben precisi "Statuti pubblici", come ci ricordava vent'anni fa Vittorio de Caprariis, in un libro ingiustamente dimenticato; dove non si pu÷ votare ² nelle fabbriche, nelle Universitö, nelle burocrazie, perch³, basate sulla professionalitö e sulla competenza, esse adempiono a ben precise funzioni, che politiche non sono. Il pensiero liberale ha inventato altri meccanismi democratici: essi sono diversi - meglio opposti - da quelli, che possono portare a cogestioni corporative o cetuali. Sono meccanismi che legittimano il conflitto fra poteri e contropoteri, come il riconoscimento dei sindacati e delle associazioni studentesche.

Vi ² per÷ una dicotomia che Bobbio non concilia: quella assai nota fra democrazia formale e democrazia sostanziale (la "democrazia governante" di Burdeau). Non la concilia, perch³ si tratta dell'uso diverso, se non opposto, della stessa parola "democrazia". La democrazia sostanziale ² quella in cui il governo, o meglio, un gruppo politico opera in vista della realizzazione dell'ideale dell'eguaglianza, meglio dell'uniformitö, con l'esercizio democratico (sul piano procedurale) del potere. Pertanto chi parla di democrazia formale sostiene il governo del popolo, chi parla di democrazia sostanziale difende un governo per il popolo: si parla, cosÒ, di due conflitti fra la razionalitö formale sostanziale, che domina i due concetti di democrazia. Dal punto di vista fattuale, la conciliazione si ² dimostra democrazia formale e sostanziale insieme appartiene, per ora, "al genere dei futuribili".

Su questo tema il Bobbio ritorna con saggi pið immediatamente politici, riconoscendo che il problema del rapporto fra democrazia resta il tema del nostro tempo; ma per ora, salvo il Welfare state socialdemocratico, si ² avuto "o capitalismo con democrazia o socialismo senza democrazia". L'alternativa radicale ² fra la procedura democratica leninista: in mezzo non c'² una terza via, se non nell'immaginazione o nella fantasia. Pu÷ restare comune solo l'ideale della meta, il socialismo, ma, se perseguito con il metodo democratico, restiamo in piena socialdedemocrazia. La procedura (democratica) ², cosÒ, primaria rispetto al fine (socialista).

Societö civile e societö di massa

Per capire le "trasformazioni della democrazia" Norberto Bobbio ² stato il primo ad approfondire la nozione e il concetto di "societö civile" (cfr. Sulla nozione di societö civile, in "De Homine", VII, 1968); e, sul tema, ² ripetutamente tornato con ulteriori approfondimenti. In questa sede egli usa il procedimento dicotomico, contrapponendo "societö civile" a "societö politica" (o Stato); da parte nostra, invece, pensiamo sia pið utile, sul piano dell'indagine storiografica sulla formazione dello Stato moderno come su quello della discussione dei problemi del presente, l'uso di una triade, ponendo la societö civile come medio fra l'individuo e lo Stato, per poi - seguendo la metodologia di Aristotele - cogliere di queste tre realtö le forme "rette" e le forme "degenerate". Esiste anche la casa, oltre il palazzo e la piazza; ed oggi si pone proprio il delicato problema della privacy, del non essere ne visti, ne sentiti (ne controllati) nella propria casa.

Il senso di una "societö civile" prepolitica o autonoma dal politico ² giö vivo anche nel pensiero sei e settecentesco, un pensiero contrattualista e non organico. Esso pertanto usa una triade diversa: non famiglia, societö civile e Stato, ma individuo, societö e governo; e non ² questa una semplice questione terminologica

. Proprio perch³ l'indagine di Bobbio ² - in questo caso - dicotomica, in diversi lavori egli usa anche la contrapposizione pubblico-privato per analizzare la democrazia di oggi. Egli vede attuarsi un duplice contrastante processo che definisce come "pubblicizzazione del privato" e "privatizzazione del pubblico". Il primo si da con l'intervento dello Stato nel mercato, imponendo all'ordine spontaneo di questo un ordine finalizzato dall'alto. Il secondo consiste nella crescita nella societö di potenti organizzazioni burocratiche, sia economiche (i sindacati dei lavoratori e dei datori di lavoro), sia politiche (i partiti), e del loro potere d'imperio: i primi con i contratti collettivi, che hanno dato luogo a procedure neo-corporative, i secondi espropriando e occupando lo Stato per distribuire rendite politiche o risorse pubbliche, per ottenere - in uno scambio politico - il consenso dei governati. Il primo processo subordina gli interessi del privato alla comunitö; il secondo rappresenta la rivincita degli interessi privati, che, se organizzati, sono potenti. Nasce, cosÒ, un nuovo feudalesimo.

A questa tesi si collegano - a mio avviso - alcuni (almeno due) di quelli che il Bobbio chiama i "paradossi della democrazia". Da un lato, il processo di democratizzazione si ² accompagnato con o - meglio - ha reso necessario un processo di burocratizzazione, dovuto al fatto che, con l'allargamento del suffragio, strati sempre pið vasti della popolazione hanno chiesto allo Stato di essere protetti: sono nati, cosi, i grandi apparati burocratici dei partiti, dei sindacati, degli enti preposti alla sicurezza sociale, ai quali dobbiamo aggiungere quelli delle grandi imprese, i quali hanno favorito - come ha mostrato Mancur Olson - la formazione di coalizioni politiche distributive e non giö produttive. La partecipazione democratica non ha, cosÒ, portato alla libertö e all'autonomia, ma a una protezione burocratica per garantire la sicurezza. Il potere ascendente, cosÒ, non ha eliminato, ma, invece, ha rafforzato il potere discendente.

Dall'altro lato, il processo democratico ha portato a una societö di massa, che mina, col suo generale conformismo, l'autonomia e l'indipendenza del cittadino, rendendo cosÒ possibile un consenso manipolato. L'industria culturale e l'industria politica operano dall'alto con la propaganda, per imporre i loro diversi conformismi, possibili solo lö dove esistono i grandi numeri ed individui "ineducati" o inermi. L'opinione pubblica "critica" di un tempo si ², cosÒ, capovolta in una mera pubblicitö, come la partecipazione volontaria si ² capovolta in una partecipazione manipolata dall'alto. Per Bobbio la societö di massa e una societö "perversa", perch³ ha reso il cittadino "maleducato" o incivile.

Proprio qui - a mio avviso - la ragione della maggiore utilitö della triade, su cui ha insistito Hannah Arendt in Vita activa. Ž la societö (non pið civile), che ha invaso la sfera privata, come ha espropriato la sfera pubblica. E' diventata una societö di massa, perche, in seguito al processo di secolarizzazione, la sola cosa a tenere insieme gli individui ² l'interesse privato nella ricerca di un maggior benessere, e la maggioranza impone la sua tirannia. La piazza ² entrata nelle case e si ² seduta a palazzo. E la "secolarizzazione" - unita all'amore per un quieto benessere - il pencolo che Alexis de Tocqueville mostr÷ ai posteri: scomparsa l'"autoritö" dei valori, c'² spazio solo per l'edonismo e per una mera soggettivitö, mentre, per essere liberi, bisogna avere una fede, cio² credere.

La democrazia come valore

A questo punto il discorso deve diventare etico-politico, ma il Bobbio ha un certo pudore ad affrontarlo dalla cattedra di petto, e lo lascia intravvedere solo nella forma di un giornalismo militante, che ² sempre di pið venuto acquistando la fisionomia di una vera e propria "filosofia pubblica". Sin dall'immediato dopo-guerra il Bobbio rifiut÷ una filosofia di tipo umanistico, "retorica", "accademica", "vagamente consolatoria e non concretamente riformatrice" optando per il rigore della scienza. Di qui il continuo insistere del Bobbio teorico del diritto sulla distinzione fra scienza e filosofia, fra giudizi di fatto e giudizi di valore, fra essere e dover essere, fra presa di possesso e presa di posizione di fronte alla realtö, fra giudizio descrittivo e giudizio prescrittivo, fra neutralitö etica e scelta ideologica, per una scelta esclusivamente metodologica, che consenta alla scien-za di essere neutrale e avalutativa.

Questo orientamento del Bobbio filosofo del diritto permane - ma affievolito - nel pið tardo Bobbio filosofo della politica. Certo: egli mostra continuamente come di queste tipologie (e di queste dicotomie) possa darsi un uso sistematico (o storiografico) e un uso assiologico, ma la radicale contrapposizione di un tempo si ² attenuata, non solo per natura delle parole, cosÒ cariche di significati, prese in esame.

Per cui ora possiamo domandarci: di fatto ² poi cosÒ neutrale la filosofÒa politica del Bobbio? Bisogna collocare storicamente il suo amore per i concetti pensati e definiti in modo rigoroso e chiaro, il suo senso della realtö (il fatto l'essere) contro i vuoti e fumosi discorsi ideologici - e - per tornare al nostro tema - il suo riproporre la democrazia come concetto e non come emozione, per vedere quale effetto dirompente questo abbia avuto nell'esercitare un compito di vera e propria igiene mentale, al quale - nei tempi oscuri e bui - il filosofo si deve dedicare, per portare alla luce il concetto. Il rigore, con cui vengono pensati i concetti politici diventa necessariamente prescrittivo rispetto non solo ai discorsi comuni o alla predilezione per l'originalitö e per il nuovo, ma anche alle prassi mistificanti. In fondo il Bobbio va iscritto nel filone del pensiero "classico", non tanto o non solo per a sua predilezione - assai rara sino a poco tempo fa - per i filosofi classici, ma soprattutto per l'istintiva avversione del loico verso la forma mentis "romantica", che ubbidendo all'occasionalitö, si abbandona alle emozioni alle mode e all'effÒmero, scambiando la vita, dominata dalla necessitö, con il sogno, dove si gode di una infinita libertö.

Proprio per il modo asettico con cui il Bobbio definisce la democrazia, taluno potrebbe osservare che la democrazia, come mera procedura, non scalda i cuori, non indica mete linali agli uomini. Ž un punto - questo - da approfondire: se la democrazia (sostanziale) ² un valore o una meta finale alla quale sacrificare la democrazia (formale) di oggi, il Bobbio risponde sicuramente di no: non a caso aveva esordito nel campo della filosofia politica con un saggio, in polemica con Galvano Della Volpe, dal titolo Della libertö dei moderni comparala a quella dei posteri. Ma, dato che la democrazia del Bobbio ² la democrazia liberale, tutte le critiche al riduzionismo della democrazia a mera procedura cadono completamente nel vuoto.

Proprio per il principio liberale, la democrazia non pu÷ imporre un suo valore assoluto: non dobbiamo perseguire dopo uno Stato etico una democrazia etica, perch³ ² un diritto ineliminabile dell'individuo quello di far valere i valori in cui crede; anzi, per resistenza di una democrazia ci vogliono valori ed ideali, robuste passioni morali e potenti fedi religiose o etiche. Ma, perch³ esse possano esprimersi e non portare alla distruzione, ci vuole anche un idem sentire de re publica. Per usare una bellissima espressione di Luigi Einaudi, scritta nel I920: "l'impero della legge come condizione per l'anarchia degli spiriti". A questo insegnamento il Bobbio ² rimasto fedele, perche solo la procedura pu÷ valorizzare al massimo i valori etici.

La ragione come unica premessa del vivere civile

Non ² questo relativismo, perch³ come valore, al centro, c'² l'individuo, la sua autonomia morale e la sua libertö. Taluno, pensando ai suoi lavori giovanili, come a successive prese di posizione sull'aborto, potrebbe anche parlare di "persona", ma - a bene intendere - sono due parole diverse, che indicano la stessa cosa, quando pongono, come protagonista, la coscienza morale. Con questa rivendicazione dell'autonomia dell'individuo siamo al di fuori dell'astratta e meramente teoretica contrapposizione fra individuo e societö; o, peggio, della dissoluzione dell'individuo (inesistente) nella societö o nella storia. Sul piano di una "filosofia pratica" (cio² etica, politica e giuridica) emergono, oltre alla coscienza morale e alla "capacitö" politica dell'individuo, i diritti di cui questi - per esprimersi - ² portatore. Perch³ il mondo sociale ² fatto e costruito dagli uomini e non dalla natura (o da una societö intesa come natura), da uomini esistenzialmente esistenti, e di una esistenza - la sola - cosciente di s³: la democrazia liberale ² il grande disegno etico-politico per riconoscere e dare a ciascun individuo le possibilitö di partecipare a quest'opera comune.

Da questa difesa della libertö e dell'autonomia dell'individuo deriva necessariamente tutta una costellazione di valori, fra i quali emergono la tolleranza, la non violenza, la fiducia nel dibattito delle idee e nel dialogo, e quindi un senso (cristiano e illuministico) di fratellanza con gli altri uomini. Il tutto e tenuto insieme dalla ragione, una ragione non assoluta, consapevole dei propri limiti e di un mondo che continua a restare indecifrabile nella "sua" totalitö e offre alla riflessione soltanto esperienze estremamente limitate, provvisorie e contingenti, come la nostra esistenza.

C'², con Erminio Juvalta, la consapevolezza che la ragione, da sola, non basta, per cui essa alla fine rimanda a un "totalmente altro". Ma questa ragione - e qui non si pu÷ non essere d'accordo col Bobbio - ² il solo strumento che ci pu÷ consentire nel dialogo - cio² nel rispetto dell'individuo persona - e nella ragionevolezza - cio² nel non abuso della ragione - un vivere civile.

Il testo, pubblicato nel numero 74 di Reset, novembre-dicembre 2002, numero monografico dedicato a Norberto Bobbio, ² una riproduzione parziale del saggio Democrazia e autocrazia in Norberto Bobbio pubblicato originariamente nella rivista "Il Mulino", XXXIV, 1985; poi ripubblicato in N. Matteucci, Filosofi politici contemporanei, Il Mulino, 2002

 



 

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