Massimiliano Panarari
Non la solita Mitteleuropa. Accanto a Vienna e Praga, regine incontrastate dell'Europa di mezzo, merita un posto nel nostro immaginario in materia, forgiato dai Magris e dai Ripellino, dalla germanistica Adelphi e dalla slavistica Einaudi, anche un'altra cittö. Bratislava.
Una capitale pið timida e discreta delle due grandi cugine, ma comunque intrigante e affascinante. Una cittö segnata da alcune pesanti brutture, ereditö dell'insulso prometeismo del socialismo reale - ovvero, la parte cosiddetta "moderna", al di lö del maestoso corso del Danubio, solcato dal Ponte nuovo, per la cui "avveniristica costruzione" i burocrati comunisti distrussero l'antica sinagoga e quasi tutto il Quartiere ebraico. Ma anche una piccola metropoli piena di bellezze, fredda, con la neve e spazzata dal vento, come dev'essere una cittö in bilico tra Centro e Oriente, dal passato lunghissimo, che ha incrociato Medioevo, Controriforma, Asburgo, e le storie di Impero germanico, Ungheria, Austria e, pið recentemente, della Cecoslovacchia.
E mentre la temperatura resta stabilmente sotto zero e gli indigeni e i locali si distinguono a colpo d'occhio dal numero di indumenti pesanti che li soffocano (incredibilmente tanti per i primi, a confronto della leggerezza dei secondi), scorrono sotto i nostri occhi Hrad (il Castello che ospita le principali testimonianze della storia slovacca), e i gioielli di Star³ Mesto: la Torre Michalskà, la cattedrale gotica di S. Martino, l'Universitö Komensky, la Chiesetta Blu in perfetto stile Sezession, la fontana rinascimentale di Rolando nella Piazza Capitale. Una babele di stili e un dedalo di viuzze che fanno del "cerchio magico" di Bratislava un luogo che, in fondo in fondo, non ha moltissimo da invidiare a quello, ben pið noto e "gettonato" di Praga, la sempiterna sorella maggiore e rivale (soprattutto dopo la separazione tra i due paesi).
Passeggiando tra chiese medioevali, e poi barocche, che hanno vissuto la violenza inaudita e per noi ora inconcepibile della guerra di religione tra cattolici e protestanti (gli "scontri di civiltö" in casa nostra drammaticamente testimoniati dal Museo delle torture alloggiato nell'Antico Municipio) e casin÷ liberty, visitando il Museo dell'Hockey (lo sport invernale in cui la piccola nazione slovacca eccelle, con malcelato orgoglio nazionale), mangiando (non se ne poteva fare a meno...) una fetta di SacherTorte nel bellissimo e molto "Wiener" Kaffee Mayer, sorbendo l'eterna (e impronunciabile) Kapustyzna (una zuppa natalizia ereditata da tempi immemorabili), si ha la sensazione nettissima di cosa significhi il "tempo sospeso" danubiano, la strana miscela di intramontabili reminiscenze e nostalgie continue e di quel tanto di speranza verso il domani (senza dimenticare un po' di ansia - anche la Slovacchia sta per entrare nell'Unione), che contraddistingue gli uomini e le donne che vivono in mezzo al nostro continente. E che si sentono, come e forse persino pið di noi, europei. Con meno consumismo - speriamo ancora per un po', sia detto senza alcuna predilezione passatista - di quello che sta snaturando il cuore di tante splendide cittö dell'ex Europa dell'Est.
Un'ultima notazione. Come ovunque nel mondo, capita di trovare i nostri connazionali. In cittö, imperversa qualche banda di italiani "a caccia" di bionde slave - attivitö pið che legittima, naturalmente (anzi...), ma che conferma, ahinoi, un'antropologia italiana molto da film dei Vanzina. E, per÷, insieme a queste tribð davvero folkloristiche, passeggiavano anche gruppi non cosÒ "ossessionati", e ppie e famiglie; la conferma del nostro essere un "popolo di navigatori" (sia pur, oggidÒ, di aeroporti).
Per finire (si fa sempre cosÒ, quando si viaggia, no?), una piccola dedica a Renata S., che mi ha fatto da guida in quella cittö, insieme ad una divertente - come sempre - Lonely Planet della Repubblica slovacca, e ai miei compagni di viaggio.
Chiara Rizzo
Entrate
in un'agenzia di viaggi, prendete in mano un qualsiasi
depliant su Copenaghen e fin dalle
prime righe scoprirete quanto la retorica si sia accanita
su questa povera città, incastonandone l'immagine
in oziose espressioni da cartolina: la Sirenetta,
la città delle fiabe, le mille luci colorate
dei mercatini di Natale, le viuzze, le casette. Uno
si immagina tetti spioventi e sconosciuti con il cappello
da gnomo che ti salutano sorridendo. Conosco una ragazza
della mia età che c'è stata davvero,
invece, e non in vacanza. Ci ha vissuto per un anno,
scoprendo i lati meno appariscenti e più emozionanti
di una realtà cosmopolita da vivere, se possibile,
con i ritmi stessi della città. Una realtà
dalla vitalità autentica, in cui gli odori
e i rumori cambiano. La Copenaghen multietnica vive
qui, a Christiania, un ghetto in cui l'utopia si realizza,
in cui comunità straniere allo stesso tempo
integrate e riconoscibili, fuse e non compromesse,
sono protagoniste di un esperimento hippy unico per
il nuovo millennio. Non solo trasgressione, ma un
progetto ardito che con le sue contraddizioni esprime
lo spirito di creatività e tolleranza proprio
di questa città. Sensazioni che non si raccontano,
che si evocano e non si dimenticano.
Francesco Màndica
Ecco la mia top four:
I paesi catari del Rossiglione francese:
lungo la provinciale che va da Carcassonne a Foix,
i castelli ed i villaggi dell'eresia catara. Poi Lagrasse,
Arques e i dintorni di Quillan.
L'isola di Ouessant (Bretagna):
per arrivarci, si prende il traghetto da La Conquet,
a mezz'ora da Brest.
Spalato in un weekend invernale,
lungo i marmi di Diocleziano
East London: da Spitalfield market
al quartiere ugonotto, è lì il nuovo
melting pot
Paola Casella
Non
ci sono mai stata, ma muoio dalla voglia di andare
alle isole Aran, a nord ovest dell'Irlanda.
Primo, perché sono le vere protagoniste del
film L'uomo di Aran di Robert Flaherty, e
incarnano perfettamente la rarefazione spaziale della
poesia. Secondo, perché Fiorella Mannoia e
Massimo Bubola le decantano come una delle meraviglie
della terra degli shamrock, e le fanno rimare con
"Connemara", dove invece sono stata, e confermo
che vale la pena. Terzo, perché l'Irlanda,
tutta, è bellissima e struggente, l'ho conosciuta
quando avevo 14 anni, durante la mia prima vacanza
lontano da casa e dai miei, e lì ho incontrato
il primo fidanzatino. Lo so, non sono motivazioni
razionali. Ma via, è Capodanno, e poi lo sapete
tutti come funzionano queste cose.
Mauro Buonocore
C’è un viaggio che mi piacerebbe fare.
Un viaggio che qualcuno ha già fatto, che qualcuno
ha già immaginato, che qualcuno ha già
raccontato. E’ un viaggio che inizia in Islanda
e finisce nelle isole Eolie. Un percorso che attraversa
quasi tutto tutto il continente, lo taglia in due
da nord a sud, dal bianco dei ghiacci al clima temperato
dell’arcipelago siciliano. Un itinerario che
penetra nel cuore più nascosto dell’Europa.
E già, perché per venire a capo degli
accordi mancati, dei patti non rispettati, delle conferenze
chiuse con un nulla di fatto, forse bisognerebbe scendere
fino a toccare l’anima dell’Unione, forse
bisognerebbe provare a vedere se la risposta alle
domande sul futuro dell’Ue sono nascoste sottoterra,
sotto la crosta delle incomprensioni politiche, dei
dispetti reciproci, delle cooperazioni rafforzate
e delle maggioranze ponderate o qualificate.
E
allora sul biglietto che mi piacerebbe acquistare
ci vorrei vedere scritto Viaggio al centro
della Terra e, così come ha immaginato
Jules Verne nel 1864, vorrei partire dal cratere di
un vulcano islandese e, sulle orme del professor Lidenbrock,
di suo nipote Axel e della guida Hans, inoltrarmi
tra meraviglie e sorprese, tra lo spettacolo invisibile
che si mette in scena nelle profondità del
pianeta. E alla fine vorrei essere risputato fuori
dalla bocca di un altro vulcano, dalla parte opposta
del punto di partenza, e ritrovarmi seduto sulla terra
lavica di Stromboli. Allora forse avrei capito un
po’ di più, allora forse mi sarebbe più
chiaro il rapporto che lega gli ingranaggi della politica
alla realizzazione di un’idea che vive da secoli
nella cultura e nel pensiero degli europei. Ma probabilmente
non basta un Natale a compiere questo viaggio, e non
sarà l’arrivo dell’anno nuovo a
sciogliere i dubbi. E se proprio un racconto di fantascienza
non basta per venire a capo dei giochi della politica,
alla fine, questo sì, avremo solleticato l’immaginazione
e avremo letto un bel libro.
Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti
da fare? Scriveteci il vostro punto di vista a
redazione@caffeeuropa.it