La
cultura o la politica? Dove risiedono l’energia
e la storia, la tradizone e la forza che possono coniugare
le innumerevoli diversità che si intrecciano
e si distinguono attraverso il vasto territorio che
va sotto il nome di Europa?
La cultura è l’unico spazio entro la
quale le differenze si compongono in una armonia di
ricchezze, questa la risposta di Giorgio Pressburger
durante un incontro dal titolo “Pensieri locali,
orizzonte europeo: il contributo delle letterature
regionali alla formazione di un’identità
comune europea”.
Ormai sembra chiaro: la dimensione europea è
entrata nel parlare, nell’agire e nel pensare
comune. Le riunioni della Conferenza Intergovernativa
e i problemi connessi alla Costituzione dell’Unione
tengono banco sulle pagine di quotidiani e settimanali.
La politica internazionale, afflitta dai venti di
guerra che soffiano soprattutto in Medio Oriente,
vede i paesi europei recitare un ruolo da protagonisti
non solo come singoli stati, ma anche nella definizione
di quella che sarà la struttura della difesa
e dell’esercito dell’Ue. E non c’è
manifestazione culturale che non ponga la dimensione
continentale come elemento di discussione, fattore
di incontro, possibilità di rintracciare una
comune identità tra popoli e tradizioni.
Festival cinematografici, premi letterari, mostre
d’arte non mancano di dedicare, tra le pagine
dei loro programmi, almeno una sezione che veda evidenziata
nel titolo la parola “Europa” o l’aggettivo
“europeo” declinato nelle forme e nei
generi che meglio si adattano all’occasione
e che meglio riescono a rendere conto di almeno una
delle tante implicazioni che la realizzazione dell’Unione
sviluppa negli infiniti ambiti di quanto va sotto
il nome di cultura.
Non ha fatto eccezione Più
libri più liberi, la Fiera nazionale
della piccola e media editoria che si è svolta
al Palazzo dei Congressi di Roma tra il 4 e l’8
dicembre.
Nel labirinto di libri, copertine e cataloghi, abbiamo
incontrato le parole di Giorgio Pressburger che, con
Lucio Lami (presidente del Pen
Club - Italia), Nicole Janigro (esperta di letterature
di area balcanica) e lo scrittore basco Bernardo Atxaga,
raccontava libri e scrittori della sua Ungheria per
arrivare a spiegare come le identità locali
costituiscano la ricchezza e la risorsa del respiro
europeo.
Venuto
in Italia dalla sua Ungheria nel ’56, per anni
direttore dell’Istituto Italiano di Cultura
di Budapest, Pressburger ha sottolineato che la grande
qualità dell’Europa è la varietà.
La ricchezza di diversità, le tante lingue,
le infinite letterature locali che per secoli hanno
raccontato gli angoli più remoti del vecchio
continente, sono frammenti di un patrimonio collettivo
che scrittori e lettori hanno da sempre messo in comune
per la narrazione del mondo e per la comprensione
della realtà. Esempio lampante ne sia l’Ungheria,
proprio la sua Ungheria, che ha saputo mantenere viva
grazie alla letteratura una lingua difficile e rara,
un idioma molto diverso da quelli dei popoli che la
circondano, ma che ha saputo comporre con la sua lingua
libri preziosi per i suoi connazionali, ma anche opere
che hanno saputo volare oltre i confini statali per
arrivare alla comprensione di lettori di tutto il
mondo che ne hanno riconosciuto il valore, così
come attesta il successo internazionale degli scrittori
ungheresi sancito pubblicamente dal Nobel per la letteratura
riconosciuto a Imre
Kertész.
Presentata come collezione di diversità, come
unione di tante culture locali, l’Europa si
presenta come un infinito bacino di idee, un enorme
contenitore di sguardi sul mondo, come il luogo dello
scambio di visioni e di rappresentazioni del reale.
Ecco l’Europa che unisce, ecco l’Europa
che raccoglie il particolare nella comune identità
della tradizione, ecco l’Europa della cultura,
ecco l’Europa della varietà che non divide
ma si compone nel respiro delle arti e del pensiero.
Visto così, allora, il Vecchio continente sfugge
alle beghe della politica, alle divisioni ideologiche
e a ogni tipo di definizione che lo voglia in contrapposizione
con qualcosa di altro, primi fra tutti gli Stati Uniti.
Vista con gli occhi della cultura, ha concluso Giorgio
Pressburger, “l’Europa ci appare davvero
come una superpotenza, una forza che però non
genera guerre né odii, non produce violenze
ma scambi, intrecci: una superpotenza che non si fa
combattere, ma che è tutta da condividere”.
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