243 - 27.12.03


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Le ossessioni di un killer mancato

Roberto Cotroneo con Paola Casella


Roberto Cotroneo non poteva che amare Georges Simenon, se non altro perché, come lui, è un narratore che si muove su vari piani di scrittura, visto che è autore di saggi ma anche di racconti, romanzi (Presto con fuoco, Otranto, L'età perfetta, Per un attimo immenso ho dimenticato il mio nome) e conversazioni in forma epistolare, come Lettera a mio figlio sull'amore per la musica, appena uscito per Mondadori, che è il seguito ideale di Se una mattina d'estate un bambino (Lettera a mio figlio sull'amore per i libri), e che "racconta di come siamo circondati dalla musica e come la musica, tutta, senza distinzioni fra classica, leggera, popolare o commerciale, sia una forma di linguaggio, anche ideologico, che in questa società contemporanea assume un'importanza colossale".

Cotroneo ha partecipato alla recente maratona di lettura Esercizi di ammirazione “Maigret e non Maigret”, parte di una serie di eventi denominati collettivamente Lo strano caso di Monsieur Simenon 1903 – 2003, organizzati a Roma dalla Casa delle letterature e dall'Adelphi per celebrare il centenario della nascita dell'autore. A Cotroneo abbiamo chiesto di raccontarci il suo Simenon, e ciò che secondo lui l'ha reso grande.

In che cosa consiste l'originalità di Georges Simenon?

Nella sua doppia scrittura: Simenon era autore letterario nel senso più squisito e tradizionale del termine, e nello stesso tempo aveva una produzione di tipo seriale - i gialli che noi chiamiamo "i Maigret" - che lo qualificava come autore di genere, e normalmente in letteratura gli autori di genere non sono mai considerati grandi, tant'è vero che i grandi scrittori del Novecento letterario europeo non sono autori di genere. Eppure, nonostante Simenon rimanga all'interno del genere che normalmente chiamiamo giallo, è riuscito ad imporsi pienamente come un grandissimo scrittore. Gli altri autori del suo livello non avevano questa doppia condizione, queste due scritture diverse, una per così dire popolare e una "alta". Questo, secondo me, è l'elemento che rende Simenon affascinante.

Crede che Simenon sia stato un efficace commentatore della società francese del suo tempo?

Solo in parte. Io divido i gialli in due categorie: quelli rassicuranti e quelli inquietanti. Facendo una trasposizione nella letteratura contemporanea italiana, direi che il giallo rassicurante è Camilleri: quando finisci un suo romanzo, hai la sensazione che l'ordine del mondo sia stato ristabilito. Il giallo inquietante invece è Sciascia: quando arrivi alla fine ti chiedi, "E adesso?" Direi che Simenon appartiene a questa seconda categoria. E che, nonostante crei affreschi della provincia francese che non hanno uguali e che ci fanno capire una certa Francia - e anche un certo Belgio e Paesi Bassi - negli anni che vanno dai Trenta alla fine dei Quaranta, Simenon rimane fondamentalmente claustrofobico, perché i mondi che descrive sono in qualche modo autoreferenziali, fanno parte del suo immaginario. E' vero che descrive la società francese, ma poco importa, quello che importa è la sua ossessione mentale, così come in Mrs Dalloway e Gita al faro trovi il mondo dell'alta società inglese ma trovi soprattutto il mondo di Virginia Woolf.

Una volta Simenon ha detto: se non avessi fatto il giallista probabilmente avrei ammazzato qualcuno. E infatti nei suoi romanzi trovi sempre lui, nel mondo di Simenon c'è soprattutto Simenon. L'affresco di genere passa in secondo piano rispetto all'immaginario ossessivo del suo autore.

Come collocherebbe Simenon, nel quadro della letteratura francese?

Sappiamo che André Gide lo amava moltissimo, ma sappiamo anche che Jean-Paul Sartre lo detestava. In una società letteraria come quella francese del suo tempo, che era molto piccola, con pochissime case editrici che contavano seriamente e un mondo costituito da un quadrilatero di caffè - Flores, Lippe e poco altro - Simenon era fuori da tutto questo, anzi, aveva fama di reazionario e di snob elitario. Non si è mai inserito, e anche se adesso in Simenon riconosciamo una grandezza non solo di costruzione narrativa, della quale è assoluto maestro, ma anche linguistica, dai suoi contemporanei questa grandezza non gli era riconosciuta. Si potrebbe dire facilmente che ha anticipato i tempi

In che cosa consiste la modernità di Simenon?

Credo che la sua modernità stia proprio nella sua capacità di costruire le storie. Siamo sempre più abituati al plot come elemento fondamentale della narrazione e questo in qualche modo dipende dal cinema. Non è un caso che il cinema abbia spesso messo in scena Simenon. Inoltre, nonostante la scrittura di Simenon sia fortemente descrittiva, in essa ci sono tante cose non dette quante cose dette, e non hai mai la sensazione che ti sia stato spiegato tutto.

E Maigret, qual è il suo elemento di modernità e quale quello che ce lo fa apparire più lontano?

I Maigret sono proprio gialli da leggere in treno, e Simenon lo sapeva. Anche in Maigret c'è molto del suo mondo, ma non è elaborato in modo sofisticato come nei romanzi, ed è affascinante che Simenon riuscisse a mantenere questi due piani, e a fare di Maigret un formidabile passe-partotut per la sua produzione "alta", dove il plot conta meno e si vede lo scrittore: ad esempio La camera azzurra, L'uomo che guardava passare i treni e Betty. O anche I fantasmi del cappellaio, che è un curioso caso perché ne abbiamo due versioni, e nel confronto fra le due scritture si capiscono molte delle genialità di Simenon e molte delle caratteristiche che lo rendono riconoscibile.

Perché l'ha riscritto?

Perché non era convinto della prima versione. In realtà Simenon non riuscì mai a decidere quale delle due fosse la migliore. E in effetti entrambe si possono leggere con piacere.

Così come adesso Simenon è di assoluta attualità, domani potrebbe diventare superato?

E' difficile capire perché un autore diventa in un certo momento fondamentale e poi passa di moda. Simenon in Italia è diventato un caso letterario quando è stato pubblicato da Adelphi. E' possibile che in futuro passi di moda, e anche questo può dipendere semplicemente da un incremento del mercato editoriale. Non credo che regredirà mai al rango di autore di serie B, ma il suo mondo potrebbe perdere riconoscibilità col tempo: per adesso siamo ancora legati a quel mondo attraverso il cinema, un domani forse quella provincia sarà dimenticati, sarà meno sentito il fascino di quell'immaginario fatto di Pernaud, di Jean Gabin, di pipe, di nebbie e brume. Ma i romanzi continueranno a venir fuori comunque e collocano Simenon fra i primi dieci autori della letteratura europea del Novecento.

Chi vede come erede di Simenon?

Se ne sono fatti tanti di nomi, fra cui lo stesso Camilleri, che avendo girato molti Maigret sa bene quali sono i meccanismi narrativi di Simenon. Ma se ci penso bene non credo che gli autori del Novecento abbiano avuto eredi: sono talmente particolari e unici nel loro modo di creare un mondo che non hanno seguaci.

Secondo lei, esiste la possibilità di una letteratura europea sovranazionale?

No, perché il problema della letteratura è essenzialmente linguistico. Non esiste letteratura degna di questo nome che non si esprima in una lingua inedita, unica e originale. Non è un caso che non ci siano scrittori che scrivono in lingue diverse da quella madre in modo altrettanto efficace che nella propria. Pensiamo ad esempio a Iosif Brodskji, che scriveva in inglese ma era poeta solo in russo, o a Milan Kundera, i cui ultimi tre romanzi sono stati scritti in francese, ma è evidente che l'autore non riesce a controllare la frase.

Non vedo possibile una letteratura europea perché esistono enormi diversità linguistiche e ideologiche fra paese e paese: il modo di pensare tedesco è diverso da quello inglese, e così via. L'unico autore contemporaneo che ha tentato l'operazione curiosa di scrivere nella sua lingua ma ragionare come se appartenesse a un paese diverso - cioè scrivere in spagnolo e ragionare come se fosse inglese - è Javier Marías, ma il risultato non si riesce a maneggiare in alcun modo.

La letteratura costituzionalmente in sè è assolutamente opposta a un'idea letteraria unitaria. Persino un autore di best seller internazionali e un intellettuale di fama mondiale come Umberto Eco lentamente sta arrivando a scrivere romanzi che parlano di quei pochi chilometri quadrati dai quali proviene: è il caso di Baudolino. La letteratura è un modo di rivisitare la propria vita e le proprie ossessioni, è individuale, prima ancora che regionale o nazionale. Se cancelli questa individualità e cerchi diventare un generico autore internazionale, non puoi che fallire.

Il link:
Il sito di Roberto Cotroneo

 

 

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