Roberto
Cotroneo non poteva che amare Georges Simenon, se
non altro perché, come lui, è un narratore
che si muove su vari piani di scrittura, visto che
è autore di saggi ma anche di racconti, romanzi
(Presto con fuoco, Otranto, L'età perfetta,
Per un attimo immenso ho dimenticato il mio nome)
e conversazioni in forma epistolare, come Lettera
a mio figlio sull'amore per la musica, appena
uscito per Mondadori, che è il seguito ideale
di Se una mattina d'estate un bambino (Lettera
a mio figlio sull'amore per i libri), e che "racconta
di come siamo circondati dalla musica e come la musica,
tutta, senza distinzioni fra classica, leggera, popolare
o commerciale, sia una forma di linguaggio, anche
ideologico, che in questa società contemporanea
assume un'importanza colossale".
Cotroneo ha partecipato alla recente maratona di
lettura Esercizi di ammirazione “Maigret
e non Maigret”, parte di una serie di eventi
denominati collettivamente Lo strano caso di Monsieur
Simenon 1903 – 2003, organizzati a Roma
dalla Casa delle letterature e dall'Adelphi per celebrare
il centenario della nascita dell'autore. A Cotroneo
abbiamo chiesto di raccontarci il suo Simenon, e ciò
che secondo lui l'ha reso grande.
In che cosa consiste l'originalità
di Georges Simenon?
Nella sua doppia scrittura: Simenon era autore letterario
nel senso più squisito e tradizionale del termine,
e nello stesso tempo aveva una produzione di tipo
seriale - i gialli che noi chiamiamo "i Maigret"
- che lo qualificava come autore di genere, e normalmente
in letteratura gli autori di genere non sono mai considerati
grandi, tant'è vero che i grandi scrittori
del Novecento letterario europeo non sono autori di
genere. Eppure, nonostante Simenon rimanga all'interno
del genere che normalmente chiamiamo giallo, è
riuscito ad imporsi pienamente come un grandissimo
scrittore. Gli altri autori del suo livello non avevano
questa doppia condizione, queste due scritture diverse,
una per così dire popolare e una "alta".
Questo, secondo me, è l'elemento che rende
Simenon affascinante.
Crede
che Simenon sia stato un efficace commentatore della
società francese del suo tempo?
Solo in parte. Io divido i gialli in due categorie:
quelli rassicuranti e quelli inquietanti. Facendo
una trasposizione nella letteratura contemporanea
italiana, direi che il giallo rassicurante è
Camilleri: quando finisci un suo romanzo, hai la sensazione
che l'ordine del mondo sia stato ristabilito. Il giallo
inquietante invece è Sciascia: quando arrivi
alla fine ti chiedi, "E adesso?" Direi che
Simenon appartiene a questa seconda categoria. E che,
nonostante crei affreschi della provincia francese
che non hanno uguali e che ci fanno capire una certa
Francia - e anche un certo Belgio e Paesi Bassi -
negli anni che vanno dai Trenta alla fine dei Quaranta,
Simenon rimane fondamentalmente claustrofobico, perché
i mondi che descrive sono in qualche modo autoreferenziali,
fanno parte del suo immaginario. E' vero che descrive
la società francese, ma poco importa, quello
che importa è la sua ossessione mentale, così
come in Mrs Dalloway e Gita al faro trovi
il mondo dell'alta società inglese ma trovi
soprattutto il mondo di Virginia Woolf.
Una volta Simenon ha detto: se non avessi fatto il
giallista probabilmente avrei ammazzato qualcuno.
E infatti nei suoi romanzi trovi sempre lui, nel mondo
di Simenon c'è soprattutto Simenon. L'affresco
di genere passa in secondo piano rispetto all'immaginario
ossessivo del suo autore.
Come collocherebbe Simenon, nel quadro della
letteratura francese?
Sappiamo che André Gide lo amava moltissimo,
ma sappiamo anche che Jean-Paul Sartre lo detestava.
In una società letteraria come quella francese
del suo tempo, che era molto piccola, con pochissime
case editrici che contavano seriamente e un mondo
costituito da un quadrilatero di caffè - Flores,
Lippe e poco altro - Simenon era fuori da tutto questo,
anzi, aveva fama di reazionario e di snob elitario.
Non si è mai inserito, e anche se adesso in
Simenon riconosciamo una grandezza non solo di costruzione
narrativa, della quale è assoluto maestro,
ma anche linguistica, dai suoi contemporanei questa
grandezza non gli era riconosciuta. Si potrebbe dire
facilmente che ha anticipato i tempi
In che cosa consiste la modernità
di Simenon?
Credo che la sua modernità stia proprio nella
sua capacità di costruire le storie. Siamo
sempre più abituati al plot come elemento fondamentale
della narrazione e questo in qualche modo dipende
dal cinema. Non è un caso che il cinema abbia
spesso messo in scena Simenon. Inoltre, nonostante
la scrittura di Simenon sia fortemente descrittiva,
in essa ci sono tante cose non dette quante cose dette,
e non hai mai la sensazione che ti sia stato spiegato
tutto.
E Maigret, qual è il suo elemento
di modernità e quale quello che ce lo fa apparire
più lontano?
I Maigret sono proprio gialli da leggere in treno,
e Simenon lo sapeva. Anche in Maigret c'è molto
del suo mondo, ma non è elaborato in modo sofisticato
come nei romanzi, ed è affascinante che Simenon
riuscisse a mantenere questi due piani, e a fare di
Maigret un formidabile passe-partotut per la sua produzione
"alta", dove il plot conta meno e si vede
lo scrittore: ad esempio La camera azzurra, L'uomo
che guardava passare i treni e Betty. O anche
I fantasmi del cappellaio, che è un curioso
caso perché ne abbiamo due versioni, e nel
confronto fra le due scritture si capiscono molte
delle genialità di Simenon e molte delle caratteristiche
che lo rendono riconoscibile.
Perché l'ha riscritto?
Perché non era convinto della prima versione.
In realtà Simenon non riuscì mai a decidere
quale delle due fosse la migliore. E in effetti entrambe
si possono leggere con piacere.
Così come adesso Simenon è
di assoluta attualità, domani potrebbe diventare
superato?
E' difficile capire perché un autore diventa
in un certo momento fondamentale e poi passa di moda.
Simenon in Italia è diventato un caso letterario
quando è stato pubblicato da Adelphi. E' possibile
che in futuro passi di moda, e anche questo può
dipendere semplicemente da un incremento del mercato
editoriale. Non credo che regredirà mai al
rango di autore di serie B, ma il suo mondo potrebbe
perdere riconoscibilità col tempo: per adesso
siamo ancora legati a quel mondo attraverso il cinema,
un domani forse quella provincia sarà dimenticati,
sarà meno sentito il fascino di quell'immaginario
fatto di Pernaud, di Jean Gabin, di pipe, di nebbie
e brume. Ma i romanzi continueranno a venir fuori
comunque e collocano Simenon fra i primi dieci autori
della letteratura europea del Novecento.
Chi vede come erede di Simenon?
Se ne sono fatti tanti di nomi, fra cui lo stesso
Camilleri, che avendo girato molti Maigret sa bene
quali sono i meccanismi narrativi di Simenon. Ma se
ci penso bene non credo che gli autori del Novecento
abbiano avuto eredi: sono talmente particolari e unici
nel loro modo di creare un mondo che non hanno seguaci.
Secondo lei, esiste la possibilità
di una letteratura europea sovranazionale?
No, perché il problema della letteratura è
essenzialmente linguistico. Non esiste letteratura
degna di questo nome che non si esprima in una lingua
inedita, unica e originale. Non è un caso che
non ci siano scrittori che scrivono in lingue diverse
da quella madre in modo altrettanto efficace che nella
propria. Pensiamo ad esempio a Iosif Brodskji, che
scriveva in inglese ma era poeta solo in russo, o
a Milan Kundera, i cui ultimi tre romanzi sono stati
scritti in francese, ma è evidente che l'autore
non riesce a controllare la frase.
Non vedo possibile una letteratura europea perché
esistono enormi diversità linguistiche e ideologiche
fra paese e paese: il modo di pensare tedesco è
diverso da quello inglese, e così via. L'unico
autore contemporaneo che ha tentato l'operazione curiosa
di scrivere nella sua lingua ma ragionare come se
appartenesse a un paese diverso - cioè scrivere
in spagnolo e ragionare come se fosse inglese - è
Javier Marías, ma il risultato non si riesce
a maneggiare in alcun modo.
La letteratura costituzionalmente in sè è
assolutamente opposta a un'idea letteraria unitaria.
Persino un autore di best seller internazionali e
un intellettuale di fama mondiale come Umberto Eco
lentamente sta arrivando a scrivere romanzi che parlano
di quei pochi chilometri quadrati dai quali proviene:
è il caso di Baudolino. La letteratura
è un modo di rivisitare la propria vita e le
proprie ossessioni, è individuale, prima ancora
che regionale o nazionale. Se cancelli questa individualità
e cerchi diventare un generico autore internazionale,
non puoi che fallire.
Il link:
Il
sito di Roberto Cotroneo
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