Nói
Albinói è un diciassettenne albino che
sogna di fuggire dal suo villaggio sperduto fra le
nevi islandesi, popolazione 957 anime, opportunità
meno 0. Nói Albinói è
il primo lungometraggio di Dagur Kari, trentenne nato
e cresciuto a Reykjavík e musicista del gruppo
Slowblow, che ha composto ed eseguito la colonna sonora
del film. Nói Albinói è,
soprattutto, un piccolo "caso" cinematografico:
presentato in sordina al Festival di Rotterdam, dove
ha vinto il Premio del pubblico, è stato acquistato
dai distributori di tutta Europa e ha partecipato
ai più importanti festival internazionali,
ricevendo riconoscimenti importanti e i favori di
critica e pubblico. Ed è il candidato islandese
agli Oscar per il Miglior film straniero.
Forse conta anche il fatto che l'Islanda, cinematograficamente
parlando, è ancora un paese sconosciuto, il
più esotico e selvaggio della civilissima Europa,
e suscita la curiosità verso un mondo inesplorato.
"L'industria del cinema islandese - se di industria
possiamo parlare - è nata solo nel 1979",
dice Kari, tanto timido e cortese quanto determinato.
"Da noi si producono tre o quattro film all'anno,
e se ti siedi in un bar di Reykjavík, ora di
sera vedi passare tutto il gotha del cinema locale".
Ci
faccia qualche nome.
E' facile, perché ce ne sono solo due che
hanno superato i confini nazionali: Fridrik Thor Fridriksson,
il regista del recente Niceland e di Children
of Nature, che fu candidato all'Oscar per Miglior
film straniero, e Baltasar Kormákur, l'attore
che ha diretto il successo di box office 101 Reykjavík.
Io mi sono innamorato del cinema partecipando da spettatore
a un festival in Islanda quando ero ancora un ragazzino.
A quel tempo non sapevo se da grande avrei fatto il
musicista o lo scrittore. Il cinema mi ha dato l'opportunità
di combinare le due cose.
Ma per diventare regista ha dovuto uscire
dall'Islanda.
Infatti. Solo da poco sono nate in Islanda le scuole
di cinema: dunque, appena finito il liceo, ho dovuto
trasferirmi a Copenhagen e frequentare la Scuola danese.
E' stata un'occasione per uscire da casa, ma ho sempre
saputo che il mio primo film sarebbe stato ambientato
in Islanda. Lì c'erano i miei demoni da esorcizzare.
Come le è venuto in mente il personaggio
di Nòi?
Pensavo a Nòi da almeno dieci anni, era un
personaggio che avevo inventato quando ero ancora
al liceo e che, nella mia immaginazione, era destinato
a diventare un anti-eroe dei fumetti. Inoltre uno
dei miei compagni di scuola era Tómas Lemarquis,
che è albino, e che voleva fare l'attore: perfetto
per interpretare Nòi nel mio film. Di lui mi
colpiva la bianchezza in un posto già così
bianco come l'Islanda. Per me quel bianco ha cominciato
a significare l'innocenza e l'isolamento del mio paese.
E' molto legato all'Islanda?
Sono un po' come Nòi, mi sembra di non appartenere
a nessun posto, anche se so bene che le mie radici
sono a Reykjavík. Per il resto, non provo un
forte senso di appartenenza nazionale: infatti il
mio prossimo film sarà girato e prodotto in
Danimarca, quello successivo chissà dove. Ma
continuerò a descrivermi come un regista islandese.
Le sue sensibilità registiche appaiono
vicine al cinema scandinavo.
Il senso dell'umorismo è simile, assomiglia
soprattutto a quello finlandese. Ma non riesco a pensare
in termini di affinità e differenze: ogni regista
pensa di creare un mondo suo, che certamente risente
dell'influenza di ciò che ha visto al cinema
in passato, ma vuole affermarsi in modo autonomo.
Io lavoro partendo da piccole idee e cerco di tradurle
in immagini, senza preoccuparmi di inserirle in un
contesto più ampio. Del resto non saprei nemmeno
dire in che cosa consista un film islandese o un film
scandinavo. So solo che ci sono film che funzionano
e altri no. Vorrei che i miei appartenessero alla
prima categoria.
Lo stato islandese aiuta il cinema nazionale?
Sì, esiste un Fondo cinematografico che finanzia
i film di registi locali per il 30-40%. Il resto però
bisogna trovarselo da soli: per mettere insieme il
cast di Nòi, ad esempio, ho reclutato
tutti i miei amici, mia nonna, il mio insegnante di
francese del liceo e il postino del quartiere. Quanto
alla preparazione, i corsi di cinema offerti dallo
stato sono piuttosto approssimativi, durano al massimo
un paio d'anni e funzionano più come un'infarinatura
che come una preparazione accademica vera e propria.
E' favorevole all'Europa unita?
No, perché mi sembra stia rendendo i singoli
paesi tutti uguali, e che l'euro li abbia resi inavvicinabili
dal punto di vista economico. Ogni capitale europea
sta diventando identica alle altre, hanno perso la
loro identità, per trasformarsi in un unico
costoso sushi bar. Anche il mio film parla di come
persino i sogni si siano globalizzati: uguali per
tutti, come obblighi, doveri e motivi di rispetto.
I link:
Sito dell'Icelandic
Film Fund
(in inglese)
Associazione
amici dell'Islanda
Best
of Iceland
(in inglese)
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