242 - 13.12.03


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Con l'America ma non con Bush

Paxton Winters con Paola Casella


Il regista americano Paxton Winters è al Torino Film Festival quando esplodono le due autobombe davanti all'Ambasciata inglese in Turchia. E' sconvolto, come tutti, e forse più di tutti: Winters infatti ha scelto di vivere e lavorare ad Istanbul, e ai rapporti fra turchi, americani e resto del mondo ha dedicato il suo primo lungometraggio, Crude, in concorso a Torino e già vincitore del Target Filmmaker Award come Miglior film di fiction al Festival di Los Angeles.

Crude racconta la storia di due ragazzi americani che si uniscono a un amico turco per andare a intervistare alcuni terroristi nella parte più aspra del Paese, e finiscono per fingere di essere stati rapiti dai fondamentalisti islamici (in un paese "musulmano, non islamico", come ripetono spesso nel film) per attirare su di loro l'attenzione della comunità internazionale. Il film entra ed esce dalle macchiette attualmente più comuni - l'americano becero, l'islamico fanatico, il turco ambiguo che non sa bene da che parte stare - e, pur sottoforma di commedia, fa un ritratto impietoso dell'odierna situazione mondiale - esplosiva, se mi si perdona l'espressione - senza risparmiare nessuno, e riservando un occhio particolarmente critico proprio agli americani.

"Ho cercato di evitare gli stereotipi e nello stesso tempo di raccontare come questi condizionino la nostra percezione delle cose e delle persone", dice Winters, un ragazzone yankee con i capelli rossi e una vaga somiglianza con Van Gogh. "Soprattutto mi è sembrato importante parlare di democrazia e delle responsabilità che essa comporta."

Come mai ha scelto di vivere a Istanbul?

Ci sono capitato per caso, ma me ne sono innamorato subito, anche perché è un punto di osservazione alto, non solo dal punto di vista fisico, ma anche da quello storico: una città di confine fra Oriente e Occidente, per molti versi modernizzata e nello stesso tempo molto legata alla tradizione. Anche i personaggi che rappresento in Crude non solo solo i contadini delle campagne che la gente associa immediatamente alla Turchia ma i borghesi ricchi della capitale, che hanno assorbito tutti i miti dell'Occidente e soprattutto dell'America.

Come viene accolto un americano in Turchia?

Come un'ospite, e per i turchi il senso dell'ospitalità è importantissimo. Ho molti amici là, alcuni hanno recitato nel film, altri mi hanno aiutato dietro le quinte. E comunque va detto che la maggior parte della popolazione turca è di religione musulmana ma è moderata e tollerante, l'estremismo è l'eccezione, non la regola, e certamente non è approvato dalla gente comune.

Secondo lei, la Turchia è pronta ad entrare in Europa?

E' un paese maturo e molto ricettivo rispetto alle influenze europee. Certo, porta con sé anche un passato e una cultura orientali, ma proprio per questo si presta come paese-ponte fra l'Europa e il mondo ad Est.

Crude è il suo primo film ambientato in Turchia?

Come lungometraggio di fiction sì, ma avevo già girato alcuni corti e un documentario che si concludeva a Istanbul, Carovan on the silk road, resoconto della traversata, a piedi e a cavallo di cammelli, lungo la Via della Seta: quindici mesi e undicimila chilometri attraverso Cina, Iran, Iraq e Afghanistan.

Un bel campionario di paesi "caldi"...

L'Iraq in particolare mi ha fatto venire voglia di tornare, tant'è che questa estate ho girato un altro documentario a Baghdad, intervistando alcune famiglie irachene all'indomani della caduta del regime di Saddam. La situazione mi è parsa molto disagiata, ma la gente è speranzosa in un futuro migliore, malgrado le difficoltà.

Come valuta la posizione dell'attuale governo americano?

L'atteggiamento aggressivo e intransigente di Bush mi provoca non pochi problemi, come espatriato: sono fiero di essere americano, ma non di avere per presidente uno che ragiona in modo draconiano - o con me, o contro di me. Io sono contro Bush e pro America, e credo che pensare per luoghi comuni e fare leva sulle paure della gente sia il modo migliore per peggiorare la situazione.



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