Il
Coordinamento Europeo del Torino Film Festival quest'anno
ha presentato al Lingotto la secondo serie di documentari
Docs in Europe e la compilation di cortometraggi
Europe in Shorts Experimental Films. Una
grande vetrina delle tendenze più interessanti
del cinema europeo, in forma spesso sperimentale,
e a cavallo fra passato e futuro (metà dei
documentari portano date comprese fra il 1935 e il
1979, l'altra metà sono produzioni recenti
e recentissime).
I documentari sono stati scelti personalmente dai
direttori dei festival dei paesi dell'Unione, attingendo
agli archivi dei singoli stati come alle case di produzione
indipendenti. I paesi rappresentati in questa selezione
erano Francia, Olanda, Germania, Grecia, Svezia e
Finlandia. I cortometraggi erano invece un gruppetto
di film itineranti, accessibili gratuitamente a tutti
i membri del Coordinamento Europeo dei Film Festival,
l'associazione che promuove scambi fra le varie manifestazioni
cinematografiche dell'Unione. Fra i paesi rappresentati
quest'anno Polonia, Austria, Germania, Francia, Inghilterra,
Olanda e Finlandia.
E' possibile fare alcune osservazioni di carattere
generale su entrambe le offerte: la prima è
che l'Italia è la grande assente, ma solo in
quanto paese ospitante. La seconda è che l'identità
nazionale dei singoli autori è abbastanza complessa,
sia perché molti cineasti si sono formati in
paesi diversi da quelli di nascita, sia perché
molti hanno deciso di ambientare i loro film in terra
straniera.
Ad
esempio, il francese Joris Ivens racconta nel suo
documentario A Valparaiso il suo viaggio
in Cile nel lontano '62 e i francesi Vivian Ostrovsky
e Yann Beauvais illustrano nel loro corto Work
and progress una gita in Russia nel 1990; l'austriaco
Martin Arnold dedica il suo cortometraggio Alone.
Life Wastes Andy Hardy al cinema hollywoodiano
anni '40 e il tedesco Matthias Müller fa lo stesso
col melodramma americano anni '50 nel bellissimo Home
stories; infine l'olandese Gerard Holthius racconta
la Hong Kong di fine millennio nel corto
omonimo.
Le biografie dei cineasti ci rivelano che l'austriaca
Mara Mattuchka, regista del corto Kugelkopf,
è nata a Sofia e ha studiato cinema a Londra;
che Martin Arnold, nativo di Vienna, insegna all'Università
del Winsconsin; che Vivian Ostrovksky è nata
a New York, ha studiato a Rio de Janeiro e lavora
in Francia; che il finlandese Ilppo Pohjola, regista
del corto Routmaster, ha studiato cinema
a Londra e a Los Angeles.
E' un segno dei tempi che l'educazione di tanti cineasti
si sia articolata su tanti paesi diversi, e appare
come una conseguenza positiva della globalizzazione
l'interesse dei cineasti, anche quelli che lavorano
con scarsi mezzi e budget limitati, non verso il cortile
di casa, ma verso il cortile del mondo.
Le suggestioni sono innumerevoli, sia dal punto di
vista tecnico che da quello tematico: corti e documentari
sono stati girati in ogni possibile formato e con
attrezzature e metrature sempre diverse, e hanno coperto
una grande varietà di argomenti, dalla nonna
nazista dello svedese Carl Johan De Geer, autore del
documentario Mormor, Hitler Och Jag, alla
transizione fra campagna e città (il finlandese
Perkele! Kuvia Suomesta di Jörn Donner),
dai sette peccati capitali (un altro documentario
finlandese, Synti-Dokumentti Jokapäiväisistä
Rikoksista, di Virpi Suutari e Susanna Helke)
alle corse automobilistiche in Routemaster,
che riproduce attraverso un montaggio spericolato
la velocità dei bolidi di Formula Uno.
C'è una grande attenzione verso la storia più
o meno recente: La tedesca Anke Limprecht ricostruisce
ad esempio i documenti della Stasi strappati dopo
la caduta del Muro di Berlino nel documentario Lehrfilm
Uber Die Rekonstruction Von Stasiakten, e il
suo connazionale Willy Zielke racconta (nel documentario
Das Stahltier - il più "antico",
essendo stato girato nel '35) il passato delle ferrovie
tedesche nell'occasione del loro centesimo anniversario.
Ciliegina sulla torta, il corto Nowa Ksiazka
New Book del polacco Zbigniew Rybczynski, vincitore
dell'Oscar nel 1980 per il film d'animazione Tango,
che racconta uno stesso episodio da nove punti di
vista, restituendogli la complessità della
realtà quotidiana - in dieci minuti netti.
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