242 - 13.12.03


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L'Europa vista da Torino

Paola Casella


Il Coordinamento Europeo del Torino Film Festival quest'anno ha presentato al Lingotto la secondo serie di documentari Docs in Europe e la compilation di cortometraggi Europe in Shorts Experimental Films. Una grande vetrina delle tendenze più interessanti del cinema europeo, in forma spesso sperimentale, e a cavallo fra passato e futuro (metà dei documentari portano date comprese fra il 1935 e il 1979, l'altra metà sono produzioni recenti e recentissime).

I documentari sono stati scelti personalmente dai direttori dei festival dei paesi dell'Unione, attingendo agli archivi dei singoli stati come alle case di produzione indipendenti. I paesi rappresentati in questa selezione erano Francia, Olanda, Germania, Grecia, Svezia e Finlandia. I cortometraggi erano invece un gruppetto di film itineranti, accessibili gratuitamente a tutti i membri del Coordinamento Europeo dei Film Festival, l'associazione che promuove scambi fra le varie manifestazioni cinematografiche dell'Unione. Fra i paesi rappresentati quest'anno Polonia, Austria, Germania, Francia, Inghilterra, Olanda e Finlandia.

E' possibile fare alcune osservazioni di carattere generale su entrambe le offerte: la prima è che l'Italia è la grande assente, ma solo in quanto paese ospitante. La seconda è che l'identità nazionale dei singoli autori è abbastanza complessa, sia perché molti cineasti si sono formati in paesi diversi da quelli di nascita, sia perché molti hanno deciso di ambientare i loro film in terra straniera.

Ad esempio, il francese Joris Ivens racconta nel suo documentario A Valparaiso il suo viaggio in Cile nel lontano '62 e i francesi Vivian Ostrovsky e Yann Beauvais illustrano nel loro corto Work and progress una gita in Russia nel 1990; l'austriaco Martin Arnold dedica il suo cortometraggio Alone. Life Wastes Andy Hardy al cinema hollywoodiano anni '40 e il tedesco Matthias Müller fa lo stesso col melodramma americano anni '50 nel bellissimo Home stories; infine l'olandese Gerard Holthius racconta la Hong Kong di fine millennio nel corto omonimo.

Le biografie dei cineasti ci rivelano che l'austriaca Mara Mattuchka, regista del corto Kugelkopf, è nata a Sofia e ha studiato cinema a Londra; che Martin Arnold, nativo di Vienna, insegna all'Università del Winsconsin; che Vivian Ostrovksky è nata a New York, ha studiato a Rio de Janeiro e lavora in Francia; che il finlandese Ilppo Pohjola, regista del corto Routmaster, ha studiato cinema a Londra e a Los Angeles.

E' un segno dei tempi che l'educazione di tanti cineasti si sia articolata su tanti paesi diversi, e appare come una conseguenza positiva della globalizzazione l'interesse dei cineasti, anche quelli che lavorano con scarsi mezzi e budget limitati, non verso il cortile di casa, ma verso il cortile del mondo.

Le suggestioni sono innumerevoli, sia dal punto di vista tecnico che da quello tematico: corti e documentari sono stati girati in ogni possibile formato e con attrezzature e metrature sempre diverse, e hanno coperto una grande varietà di argomenti, dalla nonna nazista dello svedese Carl Johan De Geer, autore del documentario Mormor, Hitler Och Jag, alla transizione fra campagna e città (il finlandese Perkele! Kuvia Suomesta di Jörn Donner), dai sette peccati capitali (un altro documentario finlandese, Synti-Dokumentti Jokapäiväisistä Rikoksista, di Virpi Suutari e Susanna Helke) alle corse automobilistiche in Routemaster, che riproduce attraverso un montaggio spericolato la velocità dei bolidi di Formula Uno.

C'è una grande attenzione verso la storia più o meno recente: La tedesca Anke Limprecht ricostruisce ad esempio i documenti della Stasi strappati dopo la caduta del Muro di Berlino nel documentario Lehrfilm Uber Die Rekonstruction Von Stasiakten, e il suo connazionale Willy Zielke racconta (nel documentario Das Stahltier - il più "antico", essendo stato girato nel '35) il passato delle ferrovie tedesche nell'occasione del loro centesimo anniversario.

Ciliegina sulla torta, il corto Nowa Ksiazka New Book del polacco Zbigniew Rybczynski, vincitore dell'Oscar nel 1980 per il film d'animazione Tango, che racconta uno stesso episodio da nove punti di vista, restituendogli la complessità della realtà quotidiana - in dieci minuti netti.




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