241 - 29.11.03


Cerca nel sito
Cerca WWW
Per formare i cittadini del futuro

Leigh Anne Stradesky con Paola Casella


Il primo museo interamente dedicato ai bambini è il Children's Museum di Brooklyn, che risale al 1899. Altri ne sono seguiti negli Stati Uniti e molto dopo anche in Europa, a cominciare da la Cité des Enfants, nato a Parigi nel 1988, all'interno della Villette, la Cité des Sciences et des Industries.
In Italia ci sono La Città dei Bambini a Genova, L'Officina dei Piccoli della Città della Scienza a Napoli, il MUBA a Milano, e Explora a Roma.

Proprio sotto l'egida degli ultimi tre si è tenuta recentemente a Roma la conferenza internazionale di Hands on Europe, l'associazione che raggruppa i Children's Museums europei, allo scopo di "approfondire il ruolo dei musei dei bambini nel panorama culturale e pedagogico dei singoli Paesi".

Ma che cos'è un museo dei bambini? Quali finalità si pone? E soprattutto, che importanza ha, per i musei europei, collegarsi in un network? L'abbiamo chiesto a Leigh Anne Stradesky, direttrice dell'Eureka! di Halifax in Inghilterra, il museo per bambini più importante d'Europa e uno dei pionieri - è nato nel 1992, ha un'estensione di 4500 metri quadri e accoglie annualmente oltre 300 mila visitatori.

"Negli ultimi dieci anni il numero dei musei dei bambini è aumentato vertiginosamente", esordisce la Stradesky. "Si tratta in assoluto del settore in maggiore espansione, proprio in un momento in cui molti musei tradizionali, in Europa come negli Stati Uniti, stanno attraversando un periodo di crisi e sono costretti a ridimensionarsi. Dunque capita spesso che chi vuole aprire un nuovo children's museum abbia bisogno di istruzioni, e si rivolga a Hand on Europe o alle istituzioni più longeve, come Eureka!, per chiedere consigli"

Qual è la linea guida principale che fornite ai singoli musei?

Sembra banale dirlo, ma al centro dei musei per bambini devono rimanere sempre i piccoli visitatori, e l'idea guida dev'essere quella di aiutarli a capire il mondo in cui vivono e il loro posto in quel mondo. Cerchiamo di insegnare loro a sviluppare una serie di valori e ad acquisire il piacere dell'apprendimento: del resto il diritto alla conoscenza figura nella carta dei diritti del bambino sancita dall'ONU. Ed è necessario che la conoscenza sia veicolata attraverso strutture adeguate alle esigenze dei bambini e al loro potenziale creativo.

All'interno di questa filosofia generale si sviluppano declinazioni diverse: ci sono musei dei bambini più concentrati sull'arte e altri più attenti alla scienza, ad esempio. E quello della definizione non è un problema solo di forma: a seconda della classificazione - museo d'arte, science center, centro educativo - vengono erogati i fondi da enti governativi diversi - preposti alle cultura, alla ricera scientifica, all'istruzione - da parte delle singole nazioni.

Esistono scambi di mostre fra i vari musei europei?

Sì, ma purtroppo si tratta ancora di scambi limitati all'iniziativa individuale e ai rapporti interpersonali fra i direttori dei singoli musei: l'Explora di Roma, ad esempio, ha sviluppato un rapporto di interscambio con il museo dei bambini di Parigi. Questi scambi dovrebbero diventare meno informali, sia perché è difficile cambiare continuamente contenuti per mantenere vivo l'interesse dei piccoli frequentatori se si può fare conto solo sulle esibizioni prodotte internamente, sia perché è fondamentale far capire ai bambini di oggi che fanno parte di un mondo grande e in via di globalizzazione. Per questo, ad esempio, a Eureka! abbiamo inaugurato una mostra sui bambini kossovari.

Qual è il rapporto di Hands on Europe e dei singoli musei con l'Unione europea?

Purtroppo al momento è molto limitato. Per questo il nostro obbiettivo è quello di coordinarci in modo più efficiente, e soprattutto di guadagnare maggiore credibilità come istituzioni culturali, in modo da poter poi chiedere collettivamente il sostegno dell'Unione.

Forse parte del problema è che i musei dei bambini sembrano cambiare continuamente forma e caratteristiche.

La capacità di rimanere flessibili e creativi ci permette di rispondere alle esigenze in continua evoluzione del nostro pubblico, i bambini. Non vorrei sacrificare questa specificità alla necessità di diventare una struttura meglio definita, ma inevitabilmente più rigida. Il trucco sta nel presentare le nostre caratteristiche come punti di forza, non di debolezza, al momento di avanzare richieste di fondi all'Unione.

Potrebbe aiutare la vostra causa un resoconto quantitativo dei risultati raggiunti dai musei?

Dal punto di vista quantitativo - ad esempio, quanti bambini visitano il museo ogni anno, e quante volte - i risultati ci sono già, e sono ben visibili. Ma un museo dei bambini ottiene anche risultati non facilmente quantificabili, e stiamo sperimentando una serie di tecniche per valutare, ad esempio, il cambiamento nel livello di apprendimento prima e dopo la frequentazione del museo.

Per noi che ci lavoriamo, è evidente che una visita al museo dei bambini ha un impatto forte sui piccoli, ma dimostrarlo è più difficile. Purtroppo per molti musei, alle prese con problemi pratici impellenti, questa non è una priorità, quindi la documentazione in nostro possesso è ancora scarsa ed episodica.

Qual è l'obbiettivo ultimo di Hands on Europe?

Quello di promuovere nei bambini un pensiero libero dagli stereotipi e di prepararli ad una società che richiede sempre maggiori capacità creative. E quello di aiutare i musei dei bambini a formare i cittadini dell'Europa che verrà.


 

Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti da fare? Scriveteci il vostro punto di vista a
redazione@caffeeuropa.it