241 - 29.11.03


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Il futuro del cinema svedese

Josef Fares, Ase Kleveland e Christina Olofson
con Paola Casella


"Non esiste solo Ingmar Bergman". Lo dice Joseph Fares, il regista libanese naturalizzato svedese che, con le sue prime due commedie - Jalla! Jalla! e Kops, attualmente sui grandi schermi italiani - è diventato campine di incassi nel suo pease d'adozione, e ha ottenuto un buon successo di pubblico e di critica anche fuori dei confini scandinavi.

Fares parla in occasione della presentazione italiana di Kops, ma anche nell'ambito della conferenza stampa dedicata alla rassegna Nuovo cinema svedese che si è tenuta alla Sala Trevi di Roma a inizio novembre, e che ha proposto al pubblico italiano il meglio della più recente produzione cinematografica proveniente dalla Svezia. Accanto a Fares c'erano Ase Kleveland, Direttore generale dell'Istituto del Cinema Svedese, la regista Christina Olofson, che con il suo film Hanna with an H concorre all'European Awards, e il regista Mikael Hafstrom, il cui lungometraggio Evil è il candidato svedese al premio Oscar come miglior film straniero.

Questo gruppo era in Italia a rappresentare l'altra faccia della Svezia (quella bergmaniana è già ben illustrata, all'interno dell'evento collettivo ! - vedi articoli collegati- dalla retrospettiva omonima dedicata al grande autore e della mostra Prima che Ingmar diventasse Bergman. "Bergman ci ha dato il suo punto di vista su ciò che sono gli svedesi" concorda Ase Kleveland. "Ma oggi esistono visioni più diversificate, rappresentate dai registi qui presenti e da Lukas Moodysson, l'autore di Fucking Amal, Together e Lilja 4-ever (quest'ultimo proposto al pubblico italiano nell'ambito della rassegna Nuovo cinema svedese, ndr). Il cinema svedese ha una storia antica, che data dalla prima decade del Novecento, e oggi detiene una posizione molto forte sul mercato interno, soprattutto se paragonato ad altre nazioni europee che sono invece fagocitate dal cinema americano.

"In Svezia si producono 25-30 film l'anno, e con quelli copriamo il 25-39% del mercato. Negli ultimi quarant'anni il sostegno del governo svedese al cinema è stato molto forte, sia dal punto di vista finanziario che da quello culturale. Ed è un sostegno che va nella direzione sia della produzione che della distribuzione dentro e fuori la Svezia. Perché una delle sfide principali per il cinema europeo è proprio quella della distribuzione. Per questo l'Istituto studia da vicino le nuove tecnologie: entro i prossimi cinque anni avremo creato una rete di distribuzione alternativa che non passerà dalle sale cinematografiche ma dai monitor dei computer.
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"Fondamentale è l'insegnamento. Fin dalle elementari, il cinema ha lo stesso spazio nei curriculum delle scuole svedesi della letteratura e del teatro. Gli studenti studiano storia del cinema e imparano anche a girare in digitale: il boom di nuovi talenti registici in Svezia è una diretta conseguenza di questo approccio pragmatico all'insegnamento. Esistono venti centri regionali per film e video, e i programmi scolastici ottengono fondi sia dall'Istituto che dalle amministrazioni regionali. Gli insegnanti vengono formati ad hoc attraverso la Scuola superiore di pedagogia. E l'Istituto del Cinema Svedese ha un sito web, un network ampio, materiale accessibile.

"Noi crediamo che l'interesse verso l'istruzione cinematografica nelle scuole non sia solo svedese ma sia estensibile all'intera Europa", conclude la Kleveland. "Per questo, grazie al sostegno dell'Istituto, 660.000 studenti svedesi ogni anno vedono film europei come parte della loro formazione. E per questo, come Istituto, stiamo creando un network europeo che si incontrerà per la prima volta a febbraio del prossimo anno a Stoccolma proprio per discutere della necessità di insegnare cinema in tutte le scuole dell'Unione"..

Anche Christina Olofson è molto attiva sul fronte comunitario: "Faccio parte della Federazione dei registi europei (Federation of European Film Directors) e sono convinta che sia importante fare film in Europa che non cerchino di competere con l'America. L'industria cinematografica svedese, come quelle di altre nazioni europee, è però molto piccola e molto poco strutturata. Io sono produttrice di me stessa, e per me trovare finanziamenti, nonostante la buona volontà del mio governo, è ancora il problema principale."

"La differenza fra cinema europeo e cinema americano sta nel fatto che oltreoceano il cinema è prevalentemente un business, mentre in Europa siamo più interessati a raccontare storie umane", le fa eco Joseph Fares.. "Non è che una cosa sia meglio dell'altra: loro sono bravi a fare i loro film e noi i nostri, diventa drammatico solo quando cerchiamo di imitarci a vicenda -o dico io che in Kops ho girato alcune scene d'azione alla Die hard, ma l'ho fatto esplicitamente come un omaggio ai film d'azione americani, e con tutta l'ironia che comporta ambientare scene da poliziesco USA in un posto tranquillo come la Svezia.

"L'errore più comune da parte dei cineasti europei è quello di fare troppo gli artisti e dimenticarsi che esiste un pubblico. Io cerco di stare nel mezzo: raccontare storie umane che parlino agli spettatori. Inoltre, poiché sono nato e cresciuto in Libano, vedo le cose in modo diverso rispetto a un europeo, ed è forse è proprio il mio punto di vista da outsider a rendere i miei film originali.

A chi gli chiede se, in quanto libanese, ha avuto problemi ad essere accettato dagli svedesi, Fares spiega: "Ho avuto problemi soprattutto burocratici ad ottenere la cittadinanza: me l'hanno data solo sei mesi fa, nonostante viva in Svezia da 16 anni. E' stata dura, ma cerco di lasciarmi l'amarezza alle spalle. Comunque resterò sempre un apolide: quando sono con gli svedesi mi sento libanese e quando sono coi libanesi mi sento svedese."

Fares si sente parte della nuova generazione post-Bergman: "I nostri film non sono bergmaniani, anche solo perché si rapportano alla società di oggi invece che a quella degli anni Cinquanta. Molti miei amici hanno appena finito di girare il loro primo lungometraggio attraverso punti di vista molto originali. Sulla base di quello che ho visto, so che nel giro di un paio d'anni succederano grandi cose nel cinema svedese."

 


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