Un
cavallo e un cavaliere, o meglio, un ussaro fieramente
in sella al suo destriero: è questa l’immagine
che ricorre più spesso nel documentario ungherese
Europabol Europaba (“Dall’Europa in Europa”).
E quell’immagine viene riprodotta identica in
momenti diversi dei 36 minuti della proiezione, perché
Europabol Europaba è il risultato di un esperimento
che comportava fin dalle premesse il rischio della
ripetizione.
L’esperimento era questo: il Ministero della
Cultura ungherese chiedeva a dieci registi, fra cui
i più affermati d’Ungheria - Istvan Szabo,
Miklos Jancso, Ildiko Enyedi, Pal Sandor – di
attingere liberamente al materiale filmico dell’archivio
di stato e di trarne ciò che consideravano
più interessante per illustrare l’importanza
dell’entrata dell’Ungheria nell’Unione
Europea.
La nota dominante di Europabol Europaba è
il patriottismo: come a dire, noi ungheresi abbiamo
almeno altrettanto da offrire all’Europa di
quanto abbiamo da carpire. E non abbiamo alcuna intenzione
di rinunciare alle nostre radici in nome dell’ingresso
nell’elite europea – della quale, sottolineano
i registi, facciamo parte da sempre, per storia, tradizione
culturale e “diritto di sangue”.
“Benedici i magiari, signore!”, legge
la citazione all’inizio di uno dei segmenti.
Di qui la reiterata immagine dell’orgoglio magiaro
rappresentato dall’ussaro a cavallo, e almeno
una battuta antiamericana: nel brano diretto da Pal
Sandor, il regista beve un sorso di una bevanda (Coca
Cola?) e la sputa a terra, dicendo: “Come si
fa a bere questo schifo?”. Poi conclude, scuotendo
la testa: “America…”
Il
documentario mostra anche molta nostalgia: per i fasti
perduti, nelle lunghe scene tratte dai cinegiornali;
per un passato innocente, in qualche scena bucolica
popolata di contadinelle dalle guance rubizze; per
il glorioso passato calcistico dei campioni alla Puksas.
Ma c’è anche molta speranza nel futuro,
rappresentata soprattutto dal segmento che ritrae
un gruppo di bambini di varie nazionalità intenti
a cantare l’inno nazionale ungherese.
All’ultima Mostra del cinema di Venezia Europabol
Europaba, presentato nella sezione Proiezioni Speciali,
ha suscitato reazioni miste fra il pubblico, composto
per la maggior parte di italiani che aspettavano la
proiezione, in concorso, di Il miracolo di Edoardo
Winspeare. Molti spettatori hanno dunque assistito
disorientati (e impreparati) a spezzoni di documenti
filmici che, anche nel contesto di un festival internazionale,
apparivano curiosamente esotici.
Alcune scene, ripescate dalla filmografia ungherese
anni ’50, facevano sorridere per la loro ingenuità;
altre, come quella del solito ufficiale a cavallo
che galoppa su un’autostrada, hanno provocato
l’ilarità generale, letteralmente esplosa
quando il destriero ha superato con un salto una simbolica
barriera di confine fra Ungheria e Resto d’Europa,
per entrare fisicamente nell’Unione.
“Il filmetto si è conquistato il Leone
d’oro del kitsch”, ha scritto a suo tempo
l’impietoso Dagospia. O forse è il pubblico
italiano a non provare più da tempo uno spirito
patriottico così acceso da rischiare il ridicolo,
o a contemplare l’opportunità di entrare
in Europa con orgogliosa fierezza.
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