Neil
Postman, sociologo della comunicazione, cattedra alla
New York University (dove tiene attualmente un corso
di storia delle comunicazioni e su linguaggio e comportamento
umano), l'autore di uno dei testi pi citati nel
mondo. Il suo nome compare quasi sempre nelle prime
pagine dei saggi che si occupano di effetti sociali
dei mass-media ed il libro che immancabilmente si
affaccia Amusing Ourselves to Death, (Divertirsi
da morire, i Libri di Reset, 2002), pubblicato nel
1985. La tesi centrale che la televisione ha avuto
come conseguenza un declino della typographic mind,
della mentalit tipografica, cio della cultura basata
sul confronto razionale e informato dalla lettura
a beneficio dello spettacolo, con conseguenze rilevanti
sulla politica. Il libro apparve in piena epoca reaganiana.
Lo abbiamo intervistato nei giorni della vittoria
elettorale in Italia di Berlusconi, un media-tycoon
passato alla politica, e mentre un collega americano
del Cavaliere, Michael Bloomberg "sceso in campo",
anche lui, per la conquista del posto di sindaco di
New York.
Le sue teorie, ormai non pi recenti, sembrano
destinate a un ritorno di fiamma, professor Postman.
Il caso Berlusconi non una conferma delle sue tesi?
Non sono abbastanza preparato sull'Italia per risponderle
di s, anche se ce ne sarebbero le premesse. Vede,
la mia cultura generale sul vostro paese non va al
di l del sapere che il vostro sistema politico ha
prodotto nei cinquant'anni del dopoguerra una cinquantina
di primi ministri, cio la media di uno all'anno.
Lei adesso non mi vorr convincere che la situazione
cambiata e che con Berlusconi sar diverso.
No, professore, non la voglio convincere di
niente di particolare in relazione all'Italia. Diciamo
questo: le sue tesi sono la pi classica formulazione
degli effetti negativi che la televisione fa al discorso
pubblico e al confronto politico. Le ha formulate
pi di quindici anni fa. Potrebbero risultare datate
all'epoca di Reagan, quando un attore vinse le presidenziali.
Negli anni successivi sembrava che la televisione
generalista fosse destinata a un certo declino, a
beneficio di nuove tecnologie. Invece, a quanto pare,
mantiene un peso dominante sulla comunicazione in
tutto il mondo. Non sorprendente?
No, non sorprendente. Non solo non c' stato quel
declino. Credo addirittura che la situazione si sia
fatta ancora pi difficile che nel 1986. Almeno in
America fare televisione significa essenzialmente
vendere il pubblico degli spettatori agli inserzionisti:
di questo si tratta. Quindi, il miglior modo di ottenere
questo risultato semplicemente quello di fare della
televisione una fonte continua e ininterrotta di intrattenimento.
Ora, nel 1986, quando ho scritto queste cose, questo
era gi del tutto ovvio; ma oggi, nel 2001, ancora
pi evidente. Se dovessi scrivere lo stesso libro
in questo momento, non dovrei cambiare molto a parte
l'aggiungervi alcuni esempi su come la televisione
enfatizzi naturalmente l'intrattenimento del pubblico.
Il suo ruolo consiste unicamente in questo e nulla
di pi.
Un momento, negli anni Novanta si fatto
un gran parlare di un cambiamento di scena con l'arrivo
di Internet, dei canali specializzati, della web-tv.
Sembrava che tutto dovesse cambiare rapidamente.
Questo un tema diverso. La tecnologia dei computer
un'altra cosa rispetto alla televisione, in virt
della sua natura interattiva, ma per quanto riguarda
la tv in quanto tale, il suo principale obiettivo
resta sempre quello di vendere i telespettatori agli
inserzionisti. Ora, la tecnologia dei computer diversa
anche in questo, e probabilmente finir per indurre
effetti culturali diversi. Anche se vale la pena di
osservare, subito, che gran parte dell'uso che la
gente fa dei computer riguarda anche il loro desiderio
di intrattenimento, la ricerca di nuovi divertimenti.
Comunque la tecnologia dei computer non si pu assolutamente
ridurre soltanto a questo.
Non pensa che la tv intesa nel senso classico
del broadcasting, del generalismo, del free commercial,
sia destinata a perdere di importanza rispetto alle
forme di comunicazione elettronica pi selettive e
interattive?
Non ci sono, almeno qui negli States, molti elementi
che attestino con certezza che il guardare la televisione
sia in calo a causa dell'affermarsi della computer
technology. Quello che cambiato, ovviamente, l'apertura
della televisione al cavo, alla pay-tv e ad altre
forme di tv. Il modo di guardare la tv rimasto in
gran parte lo stesso, anche se non ci si limita pi,
qui in America per esempio, a tre-quattro network;
la gente ha a disposizione decine e decine di stazioni.
Pu darsi che in Italia sia diverso, ma qui la gente
continua a guardare la televisione all'incirca nella
stessa percentuale di quanto avveniva prima della
diffusione dei computer.
Non si sta sviluppando una domanda diversa?
Il pubblico si rivolge alla tv per quasi tutte le
sue esigenze, che il concetto principale che ho
cercato di spiegare nel mio libro del 1986. Voglio
dire che agli altri media, giornali, cinema o cd ci
si rivolge per scopi ben precisi. Si mette un cd per
sentire la musica, si va a teatro per vedere una commedia.
Ma alla tv ci rivolgiamo per tutto. diventato quello
che io definisco il centro di comando della cultura.
La gente si rivolge alla tv per la religione, l'informazione,
lo sport, le opinioni politiche. La tv fornisce tutto,
e il problema che ne sorto nasce dal fatto che,
dal momento che la televisione riguardava essenzialmente
il divertimento, o l'intrattenimento, tutte queste
forme - la religione, la politica, etc. - finivano
per diventare intrattenimento, questo era il problema.
Ora, nessuno pu ragionevolmente opporsi al
bisogno di divertimento. Che obiezioni fare alla preponderanza
della tv?
Non ho mai sollevato obiezioni contro quelli che potremmo
chiamare i programmi di intrattenimento in tv. Il
mio rifiuto era contro il fatto che l'informazione,
la religione, la musica e altri settori culturali
seri diventavano intrattenimento e venivano trasformati
in fonti di divertimento. Gli spettacoli di informazione,
per esempio, sono oggi organizzati e concepiti allo
stesso modo in cui si metterebbe in piedi uno spettacolo
di variet. Si cercano i giornalisti pi attraenti,
e costoro dedicano al parrucchiere almeno lo stesso
tempo che dedicano al loro lavoro. Ci si garantisce
una parte musicale, ci si assicura di poter mandare
in onda le cose visivamente pi interessanti, che
si tratti di filmati importanti dal punto di vista
della notizia o meno. E tutto ci continua a valere
anche oggi.
Ricorda la profezia di George Gilder e Nicholas
Negroponte sull'era digitale e sui suoi effetti: la
vecchia tv diventava un mammuth. Insomma, avevano
torto?
difficile dire che una profezia sbagliata, a causa
della natura stessa della profezia. Si parla del futuro,
ed molto difficile stabilire, al presente, che cosa
si dimostrer vero. Non credo che la loro profezia
fosse corretta, ma non sono in grado di dimostrare
la mia tesi cos come loro non possono provare la
loro. Non so se avessero stabilito un limite di tempo
entro cui dovesse avverarsi, ma sono sicuro che, se
avevano detto che entro cinquant'anni le trasmissioni
televisive sarebbero diventate obsolete, dovremo aspettare
cinquant'anni. Molte delle profezie del passato, secondo
le quali alcuni mezzi di comunicazione sarebbero divenuti
obsoleti, non si sono mai avverate. Per esempio, quando
la tv fece la sua comparsa sulla scena, si disse che
la radio sarebbe scomparsa. Ci furono molte profezie
al riguardo. Sono convinto che quando, nel XV secolo,
comparve la stampa a caratteri mobili, la gente avr
pensato che l'idea dei professori che fanno lezione
sarebbe divenuta obsoleta, perch gli studenti avrebbero
avuto accesso agli stessi libri dei professori: eppure
oggi che cosa troviamo nelle normali aule universitarie?
I professori che continuano a far lezione. Bisogna
stare molto attenti alle profezie.
Soprattutto se le premesse riguardano la tv,
dal momento che le trasmissioni televisive sembrano
destinate a durare pi di quanto potessimo immaginare
vent'anni fa?
E la mia opinione che siano destinate a durare ancora
a lungo. La tv gi cambiata parecchio con l'avvento
del cavo. Per quanto, anche le stazioni via cavo sono
ancora guidate dallo stesso principio che ho gi citato:
il bisogno di vendere il pubblico agli inserzionisti.
cos che si sostengono le stazioni. E questo fatto
rimasto decisamente costante.
Nel suo libro Divertirsi da morire
c' un bellissimo capitolo sull'era tipografica, soprattutto
in riferimento alla storia americana. I fondatori
degli Stati Uniti erano degli straordinari lettori,
in massa. Questo capitolo potrebbe essere criticato
perch idealizzante. Vogliamo parlare di quanto c'era
di brutto in quell'epoca, del modo in cui viveva la
gente, di quanto si moriva giovani, delle malattie
Non il primo a dirmi che il mio ritratto della mentalit
della carta stampata piuttosto idealistico. Qualunque
cosa possa dire, ovvio che c'erano moltissime cose
che non andavano, nell'epoca in cui la stampa governava
il modo di pensare. Ma le idee sociali e filosofiche
che oggi diamo per scontate, furono il prodotto di
un mondo orientato in base alla stampa. Dopo tutto
potremmo anche dire che le persone che hanno inventato
le nuove tecnologie, i nuovi mondi - dalla radio alla
televisione, agli aerei, ai computer - tutte queste
persone furono educate quasi esclusivamente da penna,
carta e libri. Lo stesso Bill Gates ha ricevuto un'educazione
basata in gran parte sulla parola scritta. Potremmo
chiederci come hanno fatto queste persone a diventare
tanto in gamba.
Indubbiamente hanno studiato.
possibile che nella parola scritta vi sia qualcosa
che conferisce alla mente una specie di potere, un
potere che non avrebbe se questo mezzo di comunicazione
non fosse disponibile. Non intendo certamente affermare
che, per il solo fatto di avere un mondo basato sulla
stampa, si abbia un mondo ideale. Dico solo che la
parola scritta ha portato a sviluppare un tipo di
mentalit che ha consentito di concepire il mondo
moderno. Senza la stampa, non credo che avremmo potuto
avere non solo la tecnologia di cui disponiamo, ma
neanche le idee politiche e sociali che continuano
a ispirarci. Nel XVIII secolo, per esempio, esisteva
la schiavit e c'erano governi tirannici, la gente
faceva lavorare i bambini nelle fabbriche dall'alba
al tramonto. Ma fu nell'era della stampa che tutte
queste idee sbagliate furono eliminate, e la gente
inizi a pensare in modo diverso, grazie a quello
che ho chiamato il print mind set, la mentalit della
carta stampata.
Il suo libro degli anni Ottanta si occupa
pi di quel che la televisione fa alla nostra mente
- voglio dire, come influisce sul modo in cui conseguiamo
la conoscenza delle cose - o dell'epistemologia, che
non alla scienza della politica. La preoccupa di pi
il malfunzionalmento della mente che quello della
democrazia?
Credo che le due cose siano strettamente collegate,
e continuo a credere che la tv eserciti un profondo
effetto sul modo in cui facciamo politica. Per esempio,
in America la politica - o quanto meno, di certo,
le campagne elettorali - condotta attraverso sound
bytes ("battute di effetto") e gli uomini politici
non fanno pi lunghi discorsi ben organizzati. Questo
non avviene pi nell'era della televisione. L'immagine
televisiva del candidato molto pi importante delle
sue convinzioni. Per questo ho affrontato nel libro
alcune delle implicazioni politiche del mondo televisivo
e ho dedicato anche un capitolo alla sua influenza
sulle idee religiose. In generale il mio interesse
principale, per dirla con lei, riguarda gli effetti
epistemologici. Ma non mi sembra di aver davvero trascurato
gli altri suoi effetti sociali o politici.
Un'altra linea di critiche alla televisione
riguarda la esposizione dei bambini alla violenza.
In America c' molta sensibilit al tema, se ne sono
occupati il Congresso, la Casa Bianca con Clinton,
la Universit di California Los Angeles con un famoso
rapporto. Lei se n' occupato?
Si tratta di un'annosa discussione tra gli studiosi
e l'opinione pubblica, qui in America, soprattutto
a causa dell'aumento della violenza. I genitori hanno
iniziato a prendere davvero sul serio questo problema.
Le universit americane hanno avviato circa 3000 ricerche
per cercare di cogliere il rapporto tra la violenza
in tv e il comportamento dei ragazzi. Alcune di queste
ricerche non sono chiarissime, ma ormai universalmente
accettato che vi sia un collegamento tra la violenza
in tv e l'aumento della violenza tra i giovani.
Ci sono evidenze in questo senso?
Le prove sono fornite dalle scienze sociali, ma nelle
scienze sociali quel che provato non mai totalmente
privo di ambiguit, n si pu pretendere una prova
conclusiva come, per esempio, nella medicina. Per
l'evidenza c', il rapporto esiste.
Non teme di essere arruolato tra i nemici
della modernit?
No, la cosa non mi fa paura. Se lei si riferisce a
quegli intellettuali francesi che parlano del mondo
come decostruzione questo che intende?
I postmodernisti, i relativisti, i nichilisti,
mettiamoci anche loro tra gli avversari della modernit.
Di fronte a questi obiettori la cosa migliore che
posso fare osservare il mondo dal punto di vista
della mia disciplina e vedere in che modo i media
alterano la nostra vita sociale, le nostre idee politiche,
le nostre abitudini. Per cercare di dirlo nel modo
pi onesto possibile, se qualcuno la pensa in modo
diverso, bene: scriver i suoi libri, far i suoi
discorsi; e se non siamo d'accordo, ebbene, non siamo
d'accordo; e allora sar il pubblico a decidere chi
porti le migliori argomentazioni e le prove pi convincenti.
Non ho esitazioni nel dire quel che penso e non mi
spaventa il confronto.