Roberto
Esposito è nato nel 1950 a Napoli. Attualmente
è ordinario di Filosofia Teoretica all’Istituto
Universitario Orientale e di Filosofia all’Istituto
Suor Orsola Benincasa. E’ uno dei più
affermati e originali filosofi italiani. Il suo pensiero
è andato impostandosi e definendosi nei primi
anni Ottanta. La sua ricerca parte dalla constatazione
che il tradizionale lessico della politica occidentale
si è consunto, non è più appropriato
a definire i fatti e le cose della realtà.
Ci si è gradualmente resi conto, secondo Esposito,
che le parole, i concetti, le categorie con cui si
è pensata finora questa fondamentale attività
umana lasciano ai margini un lato “impensato”
e inesprimibile che chiede con urgenza di essere pensato
e espresso.
Esposito, per dimostrare il suo assunto, passa al
setaccio una serie di coppie concettuali (democrazia/dittatura,
mito/ragione, prassi/tecnica, filosofia/politica,
bene/male, Occidente/Oriente), le analizza storicamente
e teoricamente e ne mostra i lati oscuri. E’
da questa affascinante opera di decostruzione che
nasce Categorie dell’impolitico, del
1988 (Bologna, Il Mulino), l’opera da cui si
dirama il suo pensiero successivo. Impolitico è
propriamente, per Esposito, lo spazio che segna l’impossibilità
del pensiero di aderire completamente alla realtà
della politica. Secondo il pensatore napoletano questa
mancata adesione è dovuta da una parte all’impossibilità
di ridurre a forma e a ordine quanto è di per
sé conflitto e caos; dall’altra, più
radicalmente, al fatto che il caos è non solo
nella realtà della polis quanto piuttosto nell’uomo
stesso. L’uomo, soprattutto quello dei nostri
tempi, è, come ci hanno insegnato Nietzsche
e Bataille, internamente scisso e dimidiato.
Lungi dall’essere un in-dividuo, egli è
abitato, per così dire, da forze di diverso
tipo in perenne lotta fra di loro. La politica, come
attività specificamente umana, risente di questa
scissione e conflittualità. Dopo aver pubblicato
varie opere che, da diversi punti di vista, sviluppano
la prospettiva dell’”impolitico”
(ricordiamo: Nove pensieri sulla politica,
Il Mulino, Bologna 1993; L’origine della
politica. Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli,
Roma 1996; Oltre la politica. Antologia del pensiero
“impolitico”, Bruno Mondadori, Milano
1996), Esposito ha riflettuto, negli ultimi anni,
sui concetti di comunità e immunità.
Il metodo è sempre lo stesso: attraverso una
serrata disamina storico-teorica di alcuni “luoghi”
e autori classici, egli giunge a decostruire (cioè
a smontare negli elementi di base, sia palesi sia
occulti) le categorie e i lemmi più rappresentativi
del linguaggio e del lessico della politica. Dalla
decostruzione emergono però anche alcune “proposte
in positivo”, anche se Esposito è tragicamente
consapevole della loro “irrealizzabiltà
pratica”: l’ideale di una comunità
in cui l’uomo realizzi il suo costitutivo con-essere,
precedente alla sua stessa individualità (Communitas:
origine e destino della comunità, Einaudi,
Torino 1998); l’ideale di un mondo in cui gli
individui non mettano in pratica strategie “immunitarie”,
non temano il “contagio” e siano anzi
disposti a mettersi in gioco e aprirsi all’”altro”
e agli “estranei” (Immunitas,
Einaudi, Torino 2000).
Attualmente Esposito è impegnato a sviluppare
il tema foucaultiano della biopolitica: egli mette
cioè a tema la possibilità che la politica
ha sempre più, nel nuovo millennio soprattutto,
di governare non solo i nostri corpi ma anche la nostra
individualità biologica.
Già direttore responsabile dell’innovativa
rivista di filosofia politica “Il Centauro”
(uscita a Napoli fra il 1981 e il 1986), Esposito
è dal 1987 condirettore della rivista “Filosofia
politica” de Il Mulino. Le principali opere
del filosofo napoletano sono tradotte in diversi lingue,
soprattutto in francese. Oltralpe, egli è filosofo
conosciutissimo (legato, fra gli altri, a campioni
del pensiero quali Jacques Derrida, Francois Jullien
e Jean- Luc Nancy) e autorevole membro del Collége
de Philosophie.
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