Monique
Veaute è Direttore generale ed artistico della
Fondazione Romaeuropa, ideatrice del Romaeuropa Festival,
giunto alla sua diciottesima edizione. Il festival
si svolge dal 20 settembre al 30 novembre presso i
teatri Valle, Argentina e Palladium, l'Auditorium
Parco della Musica e il Centro Sociale Brancaleone
di Roma.
Gli artisti sono sempre stati il nostro punto
di partenza e di riferimento, e sempre di più
anche noi lo diventiamo per loro. Cercano di debuttare
nelle nostre date, chiedono aiuto per trovare partner
o distribuzione in Italia e all’estero, ci chiedono
di organizzare casting per nuovi progetti e sostegno
per le loro produzioni. E noi abbiamo spesso un vero
problema di scelta. Fabrizio Grifasi, che lavora alla
programmazione, mi dice sempre: “Potremmo fare
dieci festival; cosa scegliamo?”.
Certo non si può resistere a Peter Sellars
che, entusiasta del Palladium anche nella sua funzione
di Teatro dell’Università, vuole presentarvi
il suo Artaud: per questo verrà una settimana
a Roma a tenere un corso per gli studenti, come fa
da anni al’UCLA. Perché della guerra
– argomento di Per farla finita con il giudizio
di Dio – non si può non parlare...
E come non seguire nel suo folle percorso alla ricerca
della rappresentazione della Tragedia Romeo Castellucci
e la Socìetas Raffaello Sanzio? Solo Romeo
può raccontare l’epopea che rappresenta
la creazione dei diversi episodi attraverso tutta
l’Europa. Arriva a Roma, in esclusiva per il
l'Italia, il settimo episodio, dopo il sesto al Festival
d’Autunno di Parigi in ottobre. Come non accogliere
la famiglia di Alain Platel nel suo generoso e esuberante
sguardo sulle piaghe del nostro mondo, per il quale
Sidi Larbi Cherkaoui ha scelto il tema della fede?
Sono,
queste, vecchie conoscenze che ritroverete al Romaeuropa
2003: non potevamo dire di no a nessuno di loro, perché
sono i simboli della necessità di rappresentare
spettacolo, perché i loro spettacoli insegnano
emozionando, divertono raccontando la complessità
delle cose, ci aiutano a fare di Roma e dell’Italia,
un vero centro di spettacoli per i giovani. E ridanno
allo spettacolo la sua identità di luogo di
dibattito. Questo eclettico insieme di artisti, la
famiglia Romaeuropa, si è già arricchita
lo scorso anno di un nuovo, prezioso membro: si tratta
di Alessandro Baricco. Ad entrambi piacciono le scommesse,
e sul fronte delle sfide difficili lui non ha paura
di niente. Baricco sta riadattando l’Iliade;
forse il primo grande testo della letteratura occidentale
che parla di guerra. Terrà la prima lettura
a Villa Medici il 21 settembre, con la complicità
artistica di Richard Peduzzi.
Fra le novità di quest'anno, Deborah Warner
e Fiona Shaw, che mettono in scena in un testo di
Jeanette Winterson, la celebre scrittrice inglese.
Una delle più grandi interpretazione della
Medea che ho visto è stata realizzata
proprio dalla Warner con Fiona Shaw: quelle immagine
sono ancora impresse nella mia memoria. Presenteranno
a Roma un’opera sull’amore via Internet;
la scenografia ricorda Matrix ed è uno spettacolo
pieno di sorprese che affronta la questione dell’identità:
chi e come si ama dentro l’anonima rete?
Di
identità in identità: siamo tutti cosi
sicuri di riconoscere l’identità di chi
ci risponde al telefono quando si prenota un volo
negli Stati Uniti? Il gruppo dei Builders Association
ed i motiroti sono andati a vedere di chi erano le
voci di Joey e di Phoebe e li hanno scovati a Bangalore,
in india, sede dei call center statunitensi, dove
operatori locali imparano lingua, accenti, e tic americani.
Acculturazione diremmo noi; ma Alladeen mette
in scena un complesso scambio nella mente dei protagonisti,
visibile su due schermi, fra l’America in versione
sit-com Friends e l’India alla moda
di Bollywood. I motiroti realizzeranno anche una serata
speciale al Brancaleone: sono un gruppo straordinario
ed assolutamente particolare.
Keith Khan, di famiglia indo-pakistana emigrata a
Trinidad e art director del carnevale giamaicano di
Nothing Hill, e Ali Zaidi hanno organizzato per Sua
Maestà la Regina d’Inghilterra le grandi
parate in occasione del Great Jubileum e della riunione
dei Ministri dell’Economia del Commonwealth.
Entrambi sono rappresentativi di una nuova generazione
di artisti per i quali nazionalismo è una parola
obsoleta, internet e globalizzazione il pane quotidiano
(motiroti significa pane caldo sia in indiano che
in caraibico) e l'identità il vero, stimolante
e quasi divertente, dilemma.
William Yang, nato in Australia, è invece figlio
d’emigrati cinesi. Il suo spettacolo racconta
la ricerca di un identità, la sua, in parallelismo
con l’emarginazione degli aborigeni, e l’identità
di una terra australiana ormai occidentalizzata. È
una sensibile narrazione sulla povertà e l’amicizia,
una biografia fotografica di grande poesia, alla Bruce
Chatwin.
Dal mondo porteremo anche musicisti e cantanti che
vengono dal Pamir: vi posso assicurare che è
una terra dimenticata da tutti, senza strade, senza
cibo, solo immensi altipiani a tremila metri fra le
montagne dell’Himalaya. Il Pamir è la
parte nord est dell’Afghanistan, al confine
fra Cina, Khirghizia, Pakistan: regno delle tribù,
valle di passaggio degli ultimi nomadi. Porteranno
le loro storie antiche e le loro musiche, perché
adesso ricominciano a vivere e a creare dopo anni
di guerra. Anche se probabilmente ci sarà difficile
comprendere i loro riferimenti culturali, direi volentieri
con Levi-Strauss che “è assurdo dichiarare
una cultura superiore ad un'altra, sono uomini”.
I cantastorie del Pamir sono grandi artisti e vale
la pena di scoprire altri modi di fare musica.
Ancora più ad est, nel nord dell’India
Mira Nair e l’Ifad hanno permesso a Dinaz Stafford
di realizzare un film su un villaggio di agricoltori
che tenta di salvare un sapere ed una pratica tradizionale
legate ad un’arte di vivere senza farsi sopraffare
dalla cultura dominante. Sono voci senza rimpianto,
ma interrogative, quelle dei figli della globalizzazione.
Immaginatevi di entrare in metropolitana a Roma, o
Parigi, e di uscire a Johannesburg: la proporzione
di bianchi e neri è solo un po’ diversa
– forse non troppo, almeno per Parigi. È
ciò che Giovanni Lindo Ferretti e Giorgio Barberio
Corsetti mi hanno raccontato del loro spettacolo musicale.
M’interessa molto Giovanni Lindo Ferretti, un
artista che sa stupire, anche con il nome del suo
ultimo gruppo, “Per Grazia Ricevuta”;
e poi con il suo cantare l’Ave Maria, con il
suo sentirsi africano e nomade, dopo esser stato leader
dei CCCP.
La presenza italiana è particolarmente importante
quest’anno: ho già citato Baricco, Castellucci,
Corsetti e Ferretti. Ci saranno anche Stefano Benni,
con Paolo Damiani e Giorgio Rossi con un progetto
sugli amori impossibili, ispirato alla Lolita
di Nabokov. L’idea da cui è partito Benni
per la sua Lolita mi ha convinto subito:
Stefano mi ha parlato dell’amore della moglie
di un corsaro per un verme. Amare l’alterità
è veramente una sfida.
Il link:
Il sito del Romaeuropa Festival
www.romaeuropa.net
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