Quello
che segue è il testo dell'intervento di Pierpaolo
Saporito, Presidente dell'Osservatorio per la Comunicazione
Culturale e Audiovisiva nel Mediterraneo e nel Mondo
(OCCAM) e del Comitato italiano CICT-UNESCO, alla
IX Conferenza Euromediterranea sul Cinema che si è
tenuta a Venezia il 5 settembre, in occasione della
60ma Mostra d'Arte Cinematografica
Il cinema è nato dalla rivoluzione industriale
nel 1895, al culmine dell'utopia positivista, che
considerava la tecnologia come il miglior strumento
per il progresso umano, e realizzò in quel
fin de siecle le aspirazioni millenarie dell'uomo
a volare, comunicare a distanza, svelare l'atomo e
l'inconscio, disporre dell'energia ovunque. Sappiamo
poi come il Novecento abbia utilizzato queste scoperte,
non sempre positivamente ma anche per guerre mondiali,
dittature, sterminii.
Ora siamo di fronte allo stesso snodo, con una nuova
utopia politica, quale quella dell'Europa Unita, nata
per scongiurare altri massacri e dare benessere generalizzato,
con il riscatto della povertà in ogni paese,
nello spirito della tutela dei diritti umani.
Il cinema, figlio consustanziale della tecnologia,
dispone ora di armi ancor più potenti: può
diffondersi ovunque istantaneamente, essere non solo
fruito ma anche realizzato estesamente, coinvolgere
l'intera comunità planetaria. E' sempre il
cinema, anche nelle declinazioni televisive, audiovisive,
multimediali, che utilizzando sempre nuove tecnologie
si espande e potenzia per creare messaggi, sogni,
storie, speranze ed emozioni, doppio virtuale della
nostra società, sin da costituire il perno
dell'opera di fondazione dell'identità culturale.
La "Vecchia Europa" si trova di fronte a
un processo di palingenesi, per scoprire un'identità
profonda che unifichi le mille sorgenti che l'hanno
vivificata (e tormentata anche), per dare alle nuove
generazioni la propria identità culturale e
sociale di cittadini europei, parte di un'unica, intregrata
e forte comunità.
Dopo le frontiere aperte, la moneta unica, il linguaggio
unificale di Internet, fattori tutti che portano ad
avvicinare le genti, ora la sfida si sposta sul campo
culturale: valorizzare le molteplici tradizioni dei
popoli del continente o convergenti su esso per costituire
un patrimonio di riferimento per tutti, senza il quale
l'Europa rimarrebbe un'entità astratta, priva
di un'anima condivisa dai suoi abitanti.
L'attrativa
che questa nuova colossale realtà poltica sta
avendo a livello planetario e ancor più a livello
regionale non deve portare a ulteriori squilibri,
ma arricchirne le varie e vitali componenti: una delle
maggiori è senz'altro quella mediterranea che
contiene in sé tutte le matrici della nostra
civiltà contemporanea e le sue contraddizioni
e conflitti. L'avere tralasciato questo aspetto nell'architettura
europea sta causando seri handicap, sia perché
ormai le genti del Mediterraneo sono già in
Europa, ma con status incerto, quindi potenzialmente
destabilizzante, sia perché si è vista
aumentare la frattura tra le imponenti masse islamiche
e quelle cristiane ed ebraiche, causa prima dei focolai
di belligeranza, ben attivi e in espansione.
La comunità del cinema vive con disagio questa
sofferenza, unita come da sempre in un abbraccio tra
genti e mobilitata sulle cause umanitarie, ma si sente
impotente perché marginalizzata da disegni
soverchianti. Eppure lancia incessanti messaggi con
opere di grande spessore, ben condivise dal pubblico,
ma non adeguatamente supportate dai sistemi maggiori
di distribuzione nelle sale e di diffusione radiotelevisiva,
che operano di fatto una censura pericolosa, perché
impediscono la conoscenza tra le genti e bloccano
lo sviluppo dei processi di integrazione, auspicabili
se si vuole realmente la pace.
E' una sfida capitale che va giocata sulla comunicazione,
che nelle sue declinazioni, stampa e televisione,
si muove ancora in ambiti localistici, mentre il cinema,
che parla il linguaggio universale delle emozioni
e può superare queste enclaves, ancora
non ha trovato una sua dimensione continentale autentica,
rimanendo ostaggio dei mille nazionalismi, pur costituendo
una comunità professionale molto cosmopolita.
L'Europa è fucina di rivoluzioni, dalla francese
al '68, che hanno rifondato i paradigmi tradizionali.
La rivoluzione digitale, della quale siamo alla soglia,
sarà l'occasione di un altro sommovimento del
pensiero? Il cinema saprà cogliere questa apertura
di spazi, di opportunità creative, di occasioni
economiche, per fare scattare le molle latenti del
cambiamento, di cui si avvertono i segnali, se pur
ancora informi? Il cinema, liberamente ispirato, con
il suo fascino affabulatorio, sarà l'aedo della
nuova modernità del sentire europeo, fatto
delle più tradizioni e dei più inediti
slanci, saprà esprimere quei valori comuni
sui quali si costruiscono le nuove identità?
Bastano le enormi risorse che vengono destinate in
Europa al cinema per farne lo strumento cardine del
nuovo sviluppo, affrancandolo dall'imprinting
americano, che con la sua scia performativa induce
comportamenti e consumi a noi estranei? E' possibile
ritrovare quella carica che, attraverso il neorealismo
e la Nouvelle Vague, influenzò grandemente
il gusto del pubblico?
Il cinema europeo non riesce a costruire moduli di
pervasività allargata, neppure oltre gli interni
confini linguistici. Questo settorialismo, che non
riesce a trasformarsi in multiculturalismo attingendo
alla grande forza della propria matrice euromediterranea,
quindi globalizzata nei cinque continenti, è
forse il fattore principale alla base dell'attuale
impasse. Visioni particolaristiche, sistemi
chiusi di interesse, scarsa dinamicità dei
nuovi talenti, spirito pesantemente scorporativo che
privilegia gli assetti consolidati, bloccano lo sviluppo
verso nuove forme espressive e nuovi mercati.
L'innovazione pare bloccata in canoni cristallizzati,
i grandi maestri non fecondano le nuove generazioni,
l'impatto tecnologico è relegato a mestiere
di supporto. Una certa sacralità del cinema
viene affermata e supportata da politiche assistenzialiste
che non incentivano la ricerca e il rischio, ma creano
sostanziale conformismo. Alla luce di queste considerazioni,
elaborate nel corso delle otto edizioni precedenti
della Conferenza euromediterranea sul cinema, possiamo
indicare alcuni possibili nodi evolutivi della politica
cinematografica: a livello nazionale, per superare
una situazione che sembra rimasta immutata nei decenni,
quasi più come istrumentum regni che
come momento di libera creatività, dove a fronte
di investimenti di oltre l'80% su produzioni autoctone
corrisponde spesso un insignifacate export. A livello
comunitario, ormai pervaso per oltre l'80% dalla produzione
Usa, cui si risponde con politiche che appaiono sempre
più involutive e burocratizzate, che non smuovono
neppure le circolazioni interne di prodotti tra i
vari paesi, non si avverte neppure un vero afflato
europeistico.
Sembra di essere su un enorme bastimento fatto di
tanti compartimenti stagni governati ciascuno da ottimi
comandanti e staff, ma privo di una rotta
comune, quindi sempre ancorato in porto, a macchine
accese e gran consumo di carburante. Né si
avvertono segnali di rigenerazione, essendo forse
questo ritenuto il più perfetto dei modelli
possibili. Poco importano gli effetti prodotti: calo
di pubblico, grande sbilancio import-export. Il cinema
si isterilisce, invece di essere il motore della nuova
sensibilità ne canta pateticamente il declino,
i nuovi talenti fuggono, alimentando la temibile concorrenza
che offre ben altre possibilità, tanto da poter
affermare che il cinema americano senza la componente
europea sarebbe ben poca cosa.
In questo contesto il cinema rischia di mancare la
vera occasione storica che ora si presenta con l'avvento
delle nuove tecnologie e delle generazioni di nuovi
europei. La storia insegna che lo sviluppo non avviene
per contiguità, ma attraverso cesure anche
traumatiche con l'esistente. Saprà la generazione
pre-digitale ora al potere comprendere e fare fronte?
Molta strada è da percorrere, ma averne coscienza
e non considerare questi argomenti come un fastidioso
monito, magari da rimuovere, è già un
passo importante.
Gli strumenti ci sono, come ci sono le risorse sia
umane che finanziarie, manca la visione, l'ispirazione,
il senso del rischio culturale. Non è con i
bandi che si produce creatività, non è
con le normative che si creano nuove coscienze, non
è con retoriche consunte che si stimolano i
nuovi talenti: ma con uno spirito di fiducia nei valori
anche semplici dei giovani, dando loro la possibilità
di esprimersi, sbagliare magari, ma sperimentare caparbiamente
nuove strade.
Si può incidere strutturalmente sulle cause
creando innanzitutto un forte mercato interno capace
di circa 400 milioni di potenziali spettatori grazie
a nuove politiche distributive (...), all'inversione
del localismo televisivo che di fronte a un fabbisogno
annuo di oltre 300.000 ore non riesce ad avviare alcuna
strategia comunitaria, continuando a riempire i palinsesti
con paccottiglia di terz'ordine di importazione. Facendo
una valutazione globale della domanda audiovisiva
europea si vedrà l'opportunità di utilizzare
l'enorme spazio a disposizione anche per nuove produzioni
intermedie di supporto e per la valorizzazione di
immensi archivi esistenti, oltre alla necessità
di dare un maggior ruolo alle opere d'autore come
fondamenti delle nuove identità culturali europee.
Si favorisca il lancio di premi finanziariamente cospicui,
con giurie non controllabili, tali da immettere risorse
aperte alla gran massa degli emergenti; si creino
spazi di accesso ove attingere agli strumenti, laboratori
ove sperimentare cinema partendo anche dalle riprese
amatoriali, si attivino nelle scuole di ogni ordine
e grado opportunità per garantire a tutti l'espressività
audiovisiva, e non solo quella linguistica scritta,
si moltiplichino le occasioni di spettacolo a livello
anche di quartiere o di paese per far circolare la
comunicazione comunitaria, si favoriscano accessi
al narrowcasting, si incentivi il webcasting,
si promuovano nuovi linguaggi anche broadcasting,
ormai talmente convenzionali da far perdere costantemente
audience; si agevolino le distribuzioni diffuse
anche nel campo dell'home video, a prezzi contenuti,
per aumentare le libera circolazione di opere e combattere
la pirateria. Si mobilitino le forze culturali nell'idea
della nuova Europa, di questa amplissima area non
solo di libero scambio ma anche di libera e feconda
creatività collettiva.
Solo così la forza della storia potrà
affermarsi in nuove espressività e contribuire
a dare impulso alla nuova realtà europea, magnete
di nuove espressioni anche di categorie culturali
ispirate a diritti umani rivoluzionari, di popoli
storicamente in lotta, ora uniti in un'ideale comunità,
tutta da costruire, con un immenso territorio ancora
da scoprire, con mille storie affascinanti da raccontare
attraverso musiche, immagini, poemi, opere d'arte,
da condividere e appassionatamente cogliere come basi
della futura leggenda europea, come rinnovata e condivisa
matrice della civiltà della pace tra i popoli.
Il link:
OCCAM
www.occam.org
Da questo sito sono tratte le immagini che illustrano
questo intervento.
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