234 - 23.08.03


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Il cinema europeo ha un linguaggio tutto suo

Irene Bignardi con Paola Casella

Il Festival internazionale del cinema di Locarno scommette, da sempre, sul cinema europeo, anche se in concorso, quest'anno come gli anni precedenti, c'è spazio anche per i film americani (pochi, buoni, indipendenti) e per le cinematografie dei paesi più lontani. Abbiamo parlato dello stato di salute del cinema europeo con Irene Bignardi, critico cinematografico, autrice di saggi (il più recente è Le piccole utopie, pubblicato da Feltrinelli) e direttrice della kermesse svizzera, che quest'anno avrà luogo a Locarno dal 6 al 16 agosto.  

"La serata inaugurale, in piazza grande, esordiamo con un film americano", spiega Bignardi, "anche se doc e d'epoca (il musical The Band Wagon di Vincente Minnelli, con Fred Astaire e Cyd Charisse, ndr), ma per quanto riguarda la selezione dei film da inserire in concorso ci è sembrato che ci fossero molte più cose interessanti in giro per il mondo che non negli Stati Uniti. Così nella selezione figurano due film italiani (Ora o mai più di Lucio Pellegrini e Il vestito della sposa di Fiorella Infascelli, ndr), tre francesi, uno inglese, uno svizzero, uno austriaco e persino uno rumeno - il primo film proveniente dalla Romania, dopo tanti anni di assenza. Ci sarebbe anche un film russo, se un importante festival non ce l'avesse sottratto all'ultimo momento".

Sta parlando di The return, il film di Andrey Zvyagintsev "catturato" dal Festival di Venezia...
 
Eh sì. Si chiama la legge del più forte, non ci piace ma qualche volta dobbiamo subirla. Non abbiamo nessuno strumento, giuridico o altro, che ci consenta di difenderci, quindi dobbiamo portare pazienza. 

In che modo è stata operata la selezione dei film che partecipano al Festival di Locarno?
 
Abbiamo seguito delle regole, un po' imposte un po' autoimposte, fra le quali quella secondo cui in concorso devono figurare film in rappresentanza di almeno dieci paesi diversi, ma questo di solito avviene naturalmente, e altrettanto naturalmente avviene che, data la filosofia del Festival che si orienta verso il cinema di qualità invece che quello "glamour", la ricerca si allarghi spontaneamente a molti paesi. Quest'anno i 19 film in concorso rappresentano 16 nazionalità, il che vuol dire che abbiamo fatto una lunga passeggiata attraverso il mondo del cinema. Cerchiamo in ogni caso di non eccedere con i film provenienti da una singola nazionalità: quest'anno ad esempio la Francia ci avrebbe dato modo di inserire ancora più opere in concorso, ma questo avrebbe reso la selezione troppo squilibrata.  Così com'è, il gruppo dei film prescelti fa l'effetto di un coro polifonico.

E' vero che, come succede nell'editoria, è in corso un boom del cinema europeo a livello commerciale?

Il discorso è complesso, e non si può fare un paragone diretto fra libri e film.  Un libro, attraverso la traduzione, può essere appropriato da qualsiasi paese, un film invece passa per processi commerciali molto più complessi, soprattutto quello della distribuzione.  I meccanismi della produzione cinematografica sono assai più crudeli di quelli dell'editoria, e il cinema americano continua a dominare il mercato.  E' vero però che quest'anno ci sono stati titoli europei che, a sorpresa, hanno conquistato il pubblico internazionale, ad esempio Goodbye Lenin del regista tedesco Wolfgang Becker: chi avrebbe mai scommesso che una storia così berlinese, così piccolina potesse andare tanto lontano?

Esiste una cinematografia europea che non sia una semplice collezione delle singole cinematografie nazionali?

Credo che il cinema europeo continuerà ad essere sostanzialmente quello delle varie nazioni, radicato nelle singole culture, pur con tutte le contaminazioni che  si possono riscontrare in un mondo che viaggia continuamente. Oggi le coproduzioni sono all'ordine del giorno, ma le storie intereuropee sono più rare: una divertente eccezione è stata, l'anno scorso, la commedia di Cèdric Klapisch L'appartamento spagnolo (la storia di un gruppo di studenti Erasmus ambientata a Barcellona e diretta da un regista francese, ndr).

Tuttavia stiamo assistendo a una sorta di "globalizzazione buona" del cinema: i paesi che hanno un po' di soldi li investono in film interessanti realizzati da autori con interessi simili e un analogo tipo di cinema. E questo succede anche nei paesi non europei: fra i film in concorso a Locarno, ad esempio, ce n'è uno del Kazakistan finanziato da un produttore mauritano.

Che cosa accomuna la cinematografia europea?

Una ricerca di temi e di modi di raccontarli molto lontana dal cinema dominante, quello statunitense. Una ricerca che si riscontra anche nel cinema indipendente americano, secondo me una specie di sedicesimo stato d'Europa, perché si ispira al modo di esprimersi più libero del cinema europeo e in questo si distingue dalle produzioni mainstream delle major hollywoodiane. Credo che il cinema europeo, indipedentemente da quale paesi d'Europa provengano i singoli film, parli un linguaggio della stessa natura.

Come descriverebbe questo linguaggio?

Un modo di raccontare i film che non si fa sopraffare dalla velocità e dagli effetti speciali, che parla di essere umani e non di robot, che non vede l'entertainment come suo unico fine, che attinge alla storia e al passato come fattori determinanti del presente.  E' un linguaggio la cui natura si radica nella cultura urbana europea, un mondo più colto di quello rappresentato dalla città media, o dalla media provincia, americane. 

Che cosa si aspetta da questa edizione del Festival di Locarno?
 
Che quelle che consideriamo nostre "scoperte" cinematografiche vengano riconosciute dal pubblico e dalla critica come tali. Noi siamo schiacciati fra due festival pieni di glamour e di star (Cannes e Venezia, ndr). Da noi le star sono i film e spero che questi film, dopo il passaggio a Locarno, trovino una loro strada nel mondo, ma soprattutto che questo tipo di cinema venga riconosciuto. A differenza di altri festival, dove il cinema che andrà nelle sale fa la sua presentazione al bel mondo, noi cerchiamo di mostrare film che altrimenti forse non arriverebbero nelle sale, di fare ascoltare voci nuove, quelle che normalmente non si sentono.  Vorrei che queste voci, questi autori, questi modi di fare cinema - dalla Bolivia al Kazakistan, dal Pakistan alla Romania, passando addirittura per un primo film ceceno - incuriosissero il pubblico come hanno incuriosito me.

Il link:
 
Il sito ufficiale del Festival internazionale del cinema di Locarno
http://2003.pardo.ch/breve_2003/index_fla.jsp

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