Il
Festival internazionale del cinema di Locarno scommette,
da sempre, sul cinema europeo, anche se in concorso,
quest'anno come gli anni precedenti, c'è spazio
anche per i film americani (pochi, buoni, indipendenti)
e per le cinematografie dei paesi più lontani.
Abbiamo parlato dello stato di salute del cinema europeo
con Irene Bignardi, critico cinematografico, autrice
di saggi (il più recente è Le piccole
utopie, pubblicato da Feltrinelli) e direttrice
della kermesse svizzera, che quest'anno avrà
luogo a Locarno dal 6 al 16 agosto.
"La serata inaugurale, in piazza grande, esordiamo
con un film americano", spiega Bignardi, "anche
se doc e d'epoca (il musical The Band Wagon
di Vincente Minnelli, con Fred Astaire e Cyd Charisse,
ndr), ma per quanto riguarda la selezione dei film
da inserire in concorso ci è sembrato che ci
fossero molte più cose interessanti in giro
per il mondo che non negli Stati Uniti. Così
nella selezione figurano due film italiani (Ora
o mai più di Lucio Pellegrini e Il
vestito della sposa di Fiorella Infascelli, ndr),
tre francesi, uno inglese, uno svizzero, uno austriaco
e persino uno rumeno - il primo film proveniente dalla
Romania, dopo tanti anni di assenza. Ci sarebbe anche
un film russo, se un importante festival non ce l'avesse
sottratto all'ultimo momento".
Sta
parlando di The return, il film di Andrey Zvyagintsev
"catturato" dal Festival di Venezia...
Eh sì. Si chiama la legge del più forte,
non ci piace ma qualche volta dobbiamo subirla. Non
abbiamo nessuno strumento, giuridico o altro, che
ci consenta di difenderci, quindi dobbiamo portare
pazienza.
In che modo è stata operata la selezione
dei film che partecipano al Festival di Locarno?
Abbiamo seguito delle regole, un po' imposte un po'
autoimposte, fra le quali quella secondo cui in concorso
devono figurare film in rappresentanza di almeno dieci
paesi diversi, ma questo di solito avviene naturalmente,
e altrettanto naturalmente avviene che, data la filosofia
del Festival che si orienta verso il cinema di qualità
invece che quello "glamour", la ricerca
si allarghi spontaneamente a molti paesi. Quest'anno
i 19 film in concorso rappresentano 16 nazionalità,
il che vuol dire che abbiamo fatto una lunga passeggiata
attraverso il mondo del cinema. Cerchiamo in ogni
caso di non eccedere con i film provenienti da una
singola nazionalità: quest'anno ad esempio
la Francia ci avrebbe dato modo di inserire ancora
più opere in concorso, ma questo avrebbe reso
la selezione troppo squilibrata. Così
com'è, il gruppo dei film prescelti fa l'effetto
di un coro polifonico.
E' vero che, come succede nell'editoria, è
in corso un boom del cinema europeo a livello commerciale?
Il discorso è complesso, e non si può
fare un paragone diretto fra libri e film. Un
libro, attraverso la traduzione, può essere
appropriato da qualsiasi paese, un film invece passa
per processi commerciali molto più complessi,
soprattutto quello della distribuzione. I meccanismi
della produzione cinematografica sono assai più
crudeli di quelli dell'editoria, e il cinema americano
continua a dominare il mercato. E' vero però
che quest'anno ci sono stati titoli europei che, a
sorpresa, hanno conquistato il pubblico internazionale,
ad esempio Goodbye Lenin del regista tedesco
Wolfgang Becker: chi avrebbe mai scommesso che una
storia così berlinese, così piccolina
potesse andare tanto lontano?
Esiste una cinematografia europea che non
sia una semplice collezione delle singole cinematografie
nazionali?
Credo che il cinema europeo continuerà ad essere
sostanzialmente quello delle varie nazioni, radicato
nelle singole culture, pur con tutte le contaminazioni
che si possono riscontrare in un mondo che viaggia
continuamente. Oggi le coproduzioni sono all'ordine
del giorno, ma le storie intereuropee sono più
rare: una divertente eccezione è stata, l'anno
scorso, la commedia di Cèdric Klapisch L'appartamento
spagnolo (la storia di un gruppo di studenti
Erasmus ambientata a Barcellona e diretta da un regista
francese, ndr).
Tuttavia stiamo assistendo a una sorta di "globalizzazione
buona" del cinema: i paesi che hanno un po' di
soldi li investono in film interessanti realizzati
da autori con interessi simili e un analogo tipo di
cinema. E questo succede anche nei paesi non europei:
fra i film in concorso a Locarno, ad esempio, ce n'è
uno del Kazakistan finanziato da un produttore mauritano.
Che cosa accomuna la cinematografia europea?
Una ricerca di temi e di modi di raccontarli molto
lontana dal cinema dominante, quello statunitense.
Una ricerca che si riscontra anche nel cinema indipendente
americano, secondo me una specie di sedicesimo stato
d'Europa, perché si ispira al modo di esprimersi
più libero del cinema europeo e in questo si
distingue dalle produzioni mainstream delle
major hollywoodiane. Credo che il cinema europeo,
indipedentemente da quale paesi d'Europa provengano
i singoli film, parli un linguaggio della stessa natura.
Come descriverebbe questo linguaggio?
Un modo di raccontare i film che non si fa sopraffare
dalla velocità e dagli effetti speciali, che
parla di essere umani e non di robot, che non vede
l'entertainment come suo unico fine, che attinge alla
storia e al passato come fattori determinanti del
presente. E' un linguaggio la cui natura si
radica nella cultura urbana europea, un mondo più
colto di quello rappresentato dalla città media,
o dalla media provincia, americane.
Che cosa si aspetta da questa edizione del
Festival di Locarno?
Che quelle che consideriamo nostre "scoperte"
cinematografiche vengano riconosciute dal pubblico
e dalla critica come tali. Noi siamo schiacciati fra
due festival pieni di glamour e di star (Cannes e
Venezia, ndr). Da noi le star sono i film e spero
che questi film, dopo il passaggio a Locarno, trovino
una loro strada nel mondo, ma soprattutto che questo
tipo di cinema venga riconosciuto. A differenza di
altri festival, dove il cinema che andrà nelle
sale fa la sua presentazione al bel mondo, noi cerchiamo
di mostrare film che altrimenti forse non arriverebbero
nelle sale, di fare ascoltare voci nuove, quelle che
normalmente non si sentono. Vorrei che queste
voci, questi autori, questi modi di fare cinema -
dalla Bolivia al Kazakistan, dal Pakistan alla Romania,
passando addirittura per un primo film ceceno - incuriosissero
il pubblico come hanno incuriosito me.
Il link:
Il sito ufficiale del Festival internazionale del
cinema di Locarno
http://2003.pardo.ch/breve_2003/index_fla.jsp
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